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Benevento – “Vediamo… giorno a giorno… come si dice…?”. A Portland avrebbe detto ‘day by day’, Samuel Armenteros, che prova a spiegare a caldo, ai microfoni di Dazn e in un Italiano tutto suo, il momento che sta attraversando. La domanda riguarda gli obiettivi del Benevento, che fanno essenzialmente rima con le sue ambizioni. La voglia di tornare in serie A è forte, percettibile quanto la spensieratezza fanciullesca di tante sue giocate. Il linguaggio del corpo del resto parla chiaro, arriva dritto agli occhi della gente stuzzicando ilarità e senso dell’umorismo. E’ uno di quei giocatori a cui ci si affeziona subito, Armenteros. Di quelle figure caricaturali empatiche, capaci di trasmettere e ricevere messaggi che nemmeno le parole riescono a esprimere. 

L’arrivo – Per arrivare alla stretta attualità vale la pena fare un passo indietro, scavando a fondo in quello che è il personaggio. Arrivò in Italia nell’agosto 2017 da oggetto misterioso. La firma con il Benevento fu accolta con stupore da più parti, la chanche della serie A dopo una buona annata in Eredivisie, all’Heracles, era troppo ghiotta per essere rifiutata. Dai Paesi Bassi rimbalzarono in poche ore sui display sanniti le giocate di questo centravanti atipico classe ’90, svedese ma di origini cubane. Diversi di quei gol erano frutto di opportunismo, altri lasciavano intendere una tecnica invidiabile non facile da esporre sul palcoscenico del calcio italiano, dove gli spazi spesso vengono a mancare e le difese sono più attente al dettaglio. Un gol nel girone di andata al Sassuolo, la vetrina dell’Allianz Stadium e poi il trasferimento in Mls, oltreoceano, in prestito ai Portland Timbers, in un altro mondo. 

Instagram – E’ qui che i beneventani, grazie al potere dei social, scoprono definitivamente il personaggio. Quell’Armenteros spaesato della prima esperienza italiana si mostra ai suoi followers, si espone, lancia messaggi su Instagram che ne caratterizzano la personalità. Il più delle volte racconta in immagini la sua vita accanto al figlioletto, ma non tarda a ironizzare su se stesso, a postare giocate, gol, frammenti della vita di spogliatoio. Il suo account è un calderone in cui convergono tante diapositive: Samuel che esulta con la motosega, simbolo dei Portland Timbers; Samuel che va a vedere i Trail Blazers in prima fila al Moda Center, Samuel sui grattacieli americani, Samuel che chatta con l’amico Romelu Lukaku, Samuel che si vanta scherzosamente di essere il migliore, Samuel che ‘riposta’ messaggi dei fan, che aiuta il figlio a giocare e ad addormentarsi, che lo porta al parco giochi, che guarda la tv e che va anche al mare, sulla spiaggia di Miami, a poche settimane dal ritorno a Benevento. 

Ritorni Ecco, quando Armenteros era al mare, a Palm Beach, immaginiamo con 40 gradi all’ombra, a Benevento nevicava. Era il mese di dicembre, il suo ritorno era ormai atteso e Bucchi avrebbe dovuto valutarlo a stretto giro. Il cambiamento climatico, oltre che sportivo, pareva a quel punto qualcosa di molto vincolante per il suo futuro. “Andrà via subito”, diceva qualcuno. E invece ‘debuttò’ tra i convocati a San Siro, nel match di coppa con l’Inter. In campionato per la prima volta scese in campo a Salerno, dove in tribuna stampa tanti addetti ai lavori lo catalogarono come inadatto anche in Lega Pro. In effetti si presentò con un tiraccio dai trenta metri che si perse abbondantemente sul fondo, privo di coordinazione e tecnica. In quel momento non gli si poteva chiedere di meglio, più avanti chissà. 

‘Confianza’ – Ma può un nazionale svedese (lo è stato fino a poco prima del play off mondiale con l’Italia) perdere lo smalto in così poco tempo? Risposta negativa. “Quando sono arrivato a gennaio non ero in condizione, non giocavo da due mesi – prosegue nel suo gradevole Italiano sorseggiando la bevanda energetica – ringrazio il presidente per la ‘confianza’, non so la parola in Italiano…”. Per la fiducia, appunto. Quella che in modo del tutto inusuale i tifosi del Benevento hanno avuto in lui fin dal primo giorno. Pur non vedendolo giocare spesso, pur vedendolo sbagliare qualche partita in serie A, pur non avendolo mai visto seriamente all’opera, non hanno mai dubitato delle sue doti. Una fiducia incondizionata e una simpatia che Armenteros ha percepito quando non era in forma e che ora può sfruttare pienamente a suo favore.

Fanciullo – Sarà per quel suo modo di intendere il calcio, che Bucchi ha persino definito ‘selvaggio’. Sarà per la propensione a tentare giocate di fino, per la voglia di non arrendersi e lottare su ogni pallone (per dettagli rimandiamo al gol del 4-2 con il Cosenza). Sarà per quella faccia un po’ così, per quella mimica da wrestler, per quelle storie Instagram da giocherellone in posa da rapper col cappuccio. O dopo Perugia, ad esempio, quando pubblicò la foto di un tunnel ai danni di Han e l’eloquente didascalia “No open legs around me” (non aprire le gambe quando ti trovi dalle mie parti). O ancora, da papà fanciullo nella villa Comunale a giocare con l’acqua di una delle fontane insieme al figlio. O comunque per quelle infradito sfoggiate fuori dallo stadio, quando si presta ai selfie sfruttando il piazzale alla stregua di Palm Beach. Lì, presto o tardi ci tornerà, ma il suo compito al Vigorito non è ancora terminato. Anzi. Per ora gli assist sono tre, i gol due, e c’è l’aggiunta di un rigore procurato, preziosissimo, ad Ascoli. Il Benevento da quel penalty è risorto, e ora è lassù, pronto ad osare. “Vediamo…giorno a giorno…”. Com’è che si dice?.