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Il gemellaggio tra Benevento e la francese Bénévent, nella Francia centrale, è ormai prossimo. La novella è stata annunciata dal Rotary Club, dopo che da tempo si immaginava di concretizzare questo sodalizio.

Bénévent-l’Abbaye è un minuscolo comune rurale di poco più di settecento abitanti, situato nel dipartimento della Creuse, all’interno della regione della Nuova Aquitania. Fino al 2016 la Creuse faceva parte della regione del Limousin, scomparsa proprio in quell’anno per essere inglobata nella Nuova Aquitania. Due anni prima, infatti, era partita la riforma territoriale avviata sotto il mandato quinquennale di François Hollande.

Esplorare la storia dell’elemento centrale di questo comune, e cioè dell’Abbazia di Bénévent, composta da tanti capitelli che sono un vero e proprio libro in pietra, ci trasporta in epoche lontane.

Tappa essenziale nei viaggi verso Santiago de Compostela, l’Abbazia in questione comincia la sua lunga storia nel 1028, quando Umberto, canonico di Limoges, fonda un monastero agostiniano ad un chilometro ma qui. Ma solo due anni dopo, nel 1030, il monastero viene trasferito nella sua sede attuale. Si chiama “Bénévent-l’Abbaye” per il fatto che esso ospita le reliquie di San Bartolomeo, che furono portate qui nel 1105 dalla nostra città, dalla nostra Benevento, in Italia (LABBE, Bibl. nov. mss. II 28.1. Chon. Gauf. Vos).

Questo spiega il gemellaggio che si va ora a compiere tra le due città. Il monastero fu poi eretto ad abbazia nel 1459, da Marc Foucaud, signore di Saint-Germain, per suo fratello Louis Foucaud, primo abate di Bénévent.

La storia racconta che le reliquie di San Bartolomeo attiravano qui un tale concorso di popolo che divenne necessario costruire degli ostelli. Questo particolare è riportato in Grand dictionnaire de la Haute Marche: Historique, généalogique et biographique, di Ambroise Tardieu, pp. 43-44.

Un piccolo ed interessantissimo video della storia dell’abbazia è qui: www.limousin-medieval.com/benevent-labbaye. Naturalmente, il video è in lingua francese. In esso è spiegato che l’Abbazia di Bénévent nel 1867 fu oggetto di una poderosa operazione di restauro, condotta dal celebre architetto Paul Abadie, che, tra le altre cose, nella sua carriera partecipò al restauro di Notre Dame di Parigi, ed ha disegnato la pianta della chiesa del Sacro Cuore, sempre nella capitale francese.

Per un breve viaggio tra la bellezza di questo storico monumento, i suoi celebri giardini ed il fantastico scenario naturale, vi consiglio di fare un salto qui: https://youtu.be/tSGJ0DoNxRU.

Ma adesso vi starete chiedendo cosa c’entra l’abate e chi aveva ammazzato.

Sto parlando di Decio di Morra, uno dei fratelli della poetessa lucana Isabella Morra.

Ebbene, Decio, prima di divenire abate, per un quarantennio, dell’Abbazia di Bénévent, insieme ai fratelli Cesare e Fabio aveva assassinato, con ferocia inaudita, la sorella Isabella e poi, insieme agli altri due, ne aveva occultato il cadavere. La giovane vita della poetessa infelice venne stroncata a soli 25 anni e chi oggi legge i suoi versi amari, capisce che in essi c’era già il presagio della sua misera fine, del femminicidio per mano fraterna.  

Pentimento e conversione, o semplicemente un modo comodo per trascorrere una vita tranquilla e agiata? Cosa convinse Decio ad effettuare questa scelta di vita? Chi può saperlo. Una cosa è certa: nessuno dei tre fratelli assassini pagò mai per il delitto commesso. Tutti e tre vissero serenamente in Francia fino alla fine dei loro giorni nella regione del Limousin, dove Cesare e Fabio ottennero la naturalizzazione francese il 20 luglio 1565 (fonte: https://origin-production.wikiwand.com/fr/Chamborand).

È anche certo che Decio ottenne cospicue rendite per il suo ufficio religioso.

Questa storia è ancora oggi poco conosciuta. Se ne ha qualche notizia in più in antichi libri francesi, che ci parlano espressamente dell’abate Decio di Morra. In Italia, se ne sono occupati soprattutto gli storici Pasquale Montesano e Donato Domenico Festa. (Per inciso, all’illustre famiglia appartenne anche un papa, Gregorio VIII, al secolo Alberto di Morra, nato nella nostra Benevento nel 1100 circa. Se andate a Morra de Sanctis, ne hanno quasi un culto, e la sua immagine la trovate al castello).

Tardieu, nell’opera sopra ricordata, fornisce ai suoi lettori la lista completa degli abati che si succedettero alla guida del complesso religioso. Decio ne fu abate tra il 1557 ed il 1594, anno della sua morte (cf. anche Études historiques sur les monastères du Limousin & de la Marche, Volume 1, di J. B. L. Roy-Pierrefitte).

Montesano, in un suo studio reperibile online (https://consiglio.basilicata.it/archivio-news/files/docs/03/38/86/67/DOCUMENT_FILE_3388667.pdf) scrive: «In Francia, invece, arrivarono ben presto, quasi che fossero attesi, tutti gli autori dell’eccidio, eludendo le ricerche e le devastazioni della polizia spagnola. Furono perdonati e ricompensati. Infatti, Decio, scegliendo la vita clericale, grazie ai buoni uffici del fratello Scipione e di Caterina de’ Medici, il re gli conferì subito, con diploma del 21 Luglio 1546, la prestigiosa nomina di Abate nell’Abbazia de Bénévent, di dignità vescovile e di cospicue rendite. Di fatto, ne assunse la titolarità, dopo alcuni anni trascorsi in convento, verso la fine del 1555, all’età di circa 33-34 anni, allorquando il padre Giovan Michele aveva ultimato le sue funzioni di commissario al regime e al governo della stessa Abbazia; incarico regio ricevuto il 5 agosto 1552. Decio Morra, sempre in stretti rapporti confidenziali con il fratello Cesare, rimase Abate effettivo per circa 39 anni, fino al 1594, anno probabile della sua morte, quando, fusa la grande campana dell’Abbazia, vi si incise il suo stemma».

Domenico Festa, in Isabella Morra tra territorio, nobili, rinascimento (2019), afferma che il nome di Decio Morra compare in alcuni documenti ufficiali del 1557 e del 1563 in quanto coinvolto in un processo contro Martial Villalt, un religioso dello stesso monastero, e poi in altri atti degli anni successivi.

Insomma, una storia ancora tutta da studiare nei suoi dettagli più reconditi.

Nel 1928 Benedetto Croce si recò a Valsinni, detto un tempo Favale, la località dove Isabella fu uccisa. Forse non per trovare altri documenti, come afferma lui stesso, quanto per cercare di avvicinarsi di più al vissuto della sfortunata Isabella.

Chissà che per mettere le mani su antichi documenti e gettare una luce un po’ più chiara su questo femminicidio dell’epoca moderna non si debba invece andare a Bénévent-l’Abbaye, alla ricerca di carte di famiglie appartenute ai di Morra. E capire il perché e il percome di tanta ferocia, di tanti sottaciuti interessi e di tanta follia familiare.