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Benevento – Gattonando verso la salvezza, come un bambino che sogna il giocattolo posto sulla mensola più alta. Lo vede, lo insegue col pensiero, ma non ha ancora la forza per accelerare il passo. E’ così che il Benevento si muove verso il suo obiettivo. Lentamente ma con voglia, quella che lo ‘zio’ Claudio Ranieri, uno che di squadre ne ha viste, gli riconosce senza mezzi termini. “Sa quello che vuole”, ha detto di lui alla fine di una partita che la sua Sampdoria avrebbe potuto sia vincere che perdere, esattamente come all’andata. 

Il punto – in tutti i sensi – è che un po’ d’amaro in bocca agli uomini di Inzaghi resta sempre. Quanto successo contro il Torino, quando il vantaggio sperperato fu addirittura doppio, si è ripetuto ieri. L’illusione dei tre punti, quaranta minuti in assetto da guerra, infine il tracollo con tanto di rischio beffa. Modalità diverse tra loro che si intrecciano in un risultato identico in termini di produttività. Se col Toro è venuta meno l’attitudine difensiva, qui si fa fatica ad assolvere un attacco manchevole di killer instinct, pragmatismo, lucidità. 

Conta tanto, troppo per una squadra che con il 37% di possesso palla (di cui il 68% nella propria metà campo!) riesce a tirare in porta quanto i suoi avversari sfiorando addirittura più volte il 2-0. Ed è persino un paradosso che la rete del vantaggio sia arrivata su una topica del portiere ospite Audero, poi bravo a riscattarsi stoppando Lapadula nella sua vana corsa verso la gloria. 

Mai era successo in questo campionato – e nello scorso – che il Benevento rimanesse a secco di vittorie per cinque gare di fila (due vittorie e tre pareggi nelle ultime cinque), segno che lo scomodo digiuno percepito dall’ambiente è accentuato proprio perché unico nella storia recente della Strega. Eppure qualcosa si è mosso, ieri, soprattutto in serata. Le sconfitte di Parma e Cagliari hanno consentito ai giallorossi di sfruttare in qualche modo il turno di campionato ampliando ulteriormente il divario dalla terzultima posizione, ora distante lo spazio di 8 punti.

Rammarico, dunque, una costante nel cammino di una Strega pur meritevole di elogi. In una serie A in cui finanche i primi della classe hanno qualcosa da migliorare, il Benevento deve capire se c’è qualcosa che non sta funzionando nella gestione dei momenti chiave, aspetto che tanti frutti aveva portato nel girone di andata.

Si è più volte sottolineato che i giallorossi per imporsi e annullare il divario tecnico con la maggior parte degli avversari abbiano bisogno di essere nella partita dal primo all’ultimo secondo. Che non godono sempre di alternative energiche per cambiare la gara al pari dei contendenti (ultimo in ordine di tempo il giovane Damsgaard, sic.). Allora l’attenzione si sposta sul modulo, con un passaggio alla difesa a tre (se non a 5) rigettato dall’organismo in più occasioni, non solo ieri.

La squadra anche con la Sampdoria ha fatto fatica ad assimilare la variazione per un tempo più lungo dei canonici cinque minuti conclusivi. Al 75′, con situazione di vantaggio e una discreta pericolosità in ripartenza, l’arretramento è parso un segnale di resa che i blucerchiati non hanno fatto fatica a cogliere. La sintesi è presto fatta: ogni volta che abbandona la via maestra, il Benevento rischia grosso. Ma del resto è il destino delle piccole, si cresce anche attraverso le batoste. A patto che siano da insegnamento.  

Foto: U.c. Sampdoria