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Potrà cambiare i documenti e assumere anagraficamente un’identità di genere maschile, anche senza essersi sottoposto all’intervento chirurgico. È la decisione del Tribunale di Benevento, che dopo la sentenza del giudice dott. Loffredo, ha consentito ad A.G. di poter ottenere la rettificazione degli atti di stato civile e di essere considerato, così, una persona di sesso maschile anche sulla carta.

A chiedere la modifica del proprio nome sui documenti è stata una persona di Benevento, che, fin da giovane, nonostante le caratteristiche biologiche femminili, aveva convissuto con un’identità psico-sessuale maschile. Di qui, la decisione di avviare un percorso di transizione verso l’altro genere. Una trasformazione che, a breve potrebbe diventare irreversibile anche dal punto di vista genitale, essendo già consolidata a livello psicologico, considerando che il Tribunale ha autorizzato anche la possibilità di sottoporsi ad interventi chirurgici. Ma intanto, a prescindere dall’intervento chirurgico, chiede ai giudici di poter rettificare il nome all’anagrafe, mutandolo nel genere maschile. Richiesta accolta: l’atto di nascita, così come gli altri documenti, si possono modificare anche senza trattamento chirurgico.

Una sentenza che si inserisce nel solco già segnato da precedenti verdetti di diversi tribunali italiani, e che permetterà il cambio di sesso anagrafico senza che ci sia ancora stato un intervento chirurgico. La possibilità che oggi viene riconosciuta alle persone trans, va ricordato, è frutto esclusivamente degli interventi della giurisprudenza, che hanno permesso di superare ciò che prima si riteneva un passaggio obbligatorio, ossia l’intervento chirurgico di modifica dei caratteri sessuali, per poter poi ottenere un cambio anche dei documenti.

Il Tribunale sannita ha consentito da subito ad A.G. di ottenere la rettificazione degli atti di stato civile, ordinando all’ufficiale di stato civile del comune di nascita di procedere in conformità, senza dover necessariamente determinarsi ad interventi chirurgici e anche senza attendere che questo percorso sia ultimato. D’ora in avanti avrà documenti che rispecchiano la propria identità e potrà vivere secondo il genere percepito, contribuendo ad avere una maggiore serenità.

L’istante ha condiviso passo dopo passo sul suo profilo social tutto il percorso di transizione perché altre persone si possano giovare della sua esperienza.  “Sono molto contento – dichiara – che si sia chiusa, anche in tempi così veloci, questa fase necessaria per aggiornare in primis i documenti. Devo dire che ho particolarmente apprezzato che sia il giudice che gli ausiliari durante l’udienza non si siano mai rivolti con il nome attribuito alla nascita, che non uso ormai più da tempo, né con pronome femminile. Sembra un dettaglio di poco conto ma per chi vive sulla propria pelle episodi di discriminazione quotidiani è fondamentale”.

L’avv. Giovanna Megna, che ha assistito A.G., sottolineando la celerità con cui si è arrivati alla sentenza, ha evidenziato anche altri aspetti: “Il Tribunale di Benevento, con sentenza commentata anche sul portale Diritto e Giustizia della casa editrice Giuffrè Francis Lefevbre, conferma l’orientamento consolidatosi a seguito delle pronunce del 2015 della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione. Tali interventi hanno portato ad un cambio epocale nella risposta di giustizia per le persone con disforia di genere che accedono al percorso di transizione, che possono ottenere la modifica dei documenti senza sottoporsi obbligatoriamente all’intervento chirurgico. Mi sento di evidenziare, nel recente procedimento di cui è stato investito il Tribunale cittadino, i tempi rapidi con cui si è arrivati alla sentenza, ma anche il modo in cui si è svolta l’audizione e l’accertamento della volontà dell’istante, condotto con particolare attenzione ed empatia. Possiamo continuare a credere nella giustizia, anche se la piena ed effettiva tutela è ancora un traguardo da raggiungere. Permangono, infatti, alcune criticità strettamente legate a questo procedimento, come ad esempio i costi di iscrizione a ruolo e registrazione della sentenza per chi non accede al gratuito patrocinio, così come c’è poi tutto l’aspetto della tutela antidiscriminatoria”.