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La premessa è che i cittadini meriterebbero rispetto da parte delle istituzioni ancor di più quando sono chiamati ad esercitare la propria sovranità popolare. Le figure retoriche ingannevoli non sono certo il modo migliore per farlo.

Il Sindaco Mastella nella conferenza dello scorso 8 ottobre ha dichiarato: “SONO l’UNICO candidato di CENTRO dei capoluoghi di provincia che va al ballottaggio e sfiora il primo turno. Sono l’UNICO che non ha partiti politici che lo affianchino…. Da SOLO ho preso il 40%…. ”. 

Un’affermazione che non ha suscitato alcuna reazione nei responsabili delle 10 liste che lo hanno sostenuto. Non dico il Presidente dell’Asi o della Provincia o …. ma neanche FI o Essere Democratici. E questo mi preoccupa.

Anche io sono di Centro e sento il bisogno di dire che quella politica fortemente identitaria è espressione di una cultura che finalizza la propria azione alla realizzazione del bene comune, facendo ruotare il proprio asse intorno alla “persona” non alla “mia persona” perché l’accezione del termine riporta al genere umano e non all’io individuale.

Che il Sindaco uscente di Benevento sia Al Centro della Politica e voglia restarci lo ha dichiarato, con formula singolare, qualche tempo fa, quando alle Iene sintetizzò la ormai celebre “Etica del viandante” (“Io sono un uomo di centro e resto al centro. Una chiappa a destra e una a sinistra? Eh no! Se ti vogliono fottere a destra, tu vai a sinistra, se ti vogliono fottere a sinistra, tu vai a destra: è l’etica del viandante…”).

Ma ho seri dubbi che esprima una Politica di Centro. La Politica centrista nasce come definizione convenzionale per indicare, nel Parlamento Francese, quelle forze politiche che per la loro capacità di moderazione e di mediazione furono poste al centro dell’emiciclo.

Da allora anche in Italia la espressione ha avuto la sua diffusione indicando per quasi tutto il secolo scorso quei partiti laici di ispirazione cattolica e di  matrice popolare,  capaci, mutuando una formula geometrica, di rappresentare un punto equidistante o equivicino a tutti gli altri punti.

Il Centro di un tempo era realmente baricentrico rispetto all’agire politico, non solo per numeri ma anche per la forza diffusiva e quasi contagiosa dei valori fondamentali di cui era espressione.

E invece oggi, con la proliferazione dei centrini,  può accadere di sentire chiunque autoProclamarsi il centro della politica italiana, pur dopo anni di diaspore, senza nessun altro appiglio che quello della sopravvalutazione della utilità marginale dell’ultimo voto in un sistema che è diventato un meccanismo a squadre contrapposte dove si vince ai punti nella totale indifferenza dei valori e delle persone.

Nell’approccio elettorale di Clemente Mastella non colgo quei sentimenti di moderazione e di equilibrio che darebbero un senso al suo definirsi non tanto l’unico e il solo ma Centrista.

Dall’inizio ha confuso la legittima comunicazione degli avversari sulla non condivisione della sua azione amministrativa con un indebito atto di accusa e di persecuzione personale e ha reagito con incomprensibile violenza verbale. Il suo atteggiamento è vicino alla negazione del principio democratico dell’alternanza. Avrebbe preferito che non ci fossero alternative?  Non sarebbe stato più sano, ben sapendo che periodicamente si va al voto per verificare il mandato che i cittadini conferiscono, rispondere con il positivo riscontro dei propri risultati?

 Ha vissuto l’elezione come un intoppo e non come un passaggio democratico, lasciandosi andare a frasi come “Togliamo l’imbarazzo: vinceremo al primo turno” o “I sondaggi dicono che nel ballottaggio supererò il 50%”.

E ha trattato gli avversari come bersagli su cui tirare freccette chiamandoli l’uno “Impresario della Carità” e l’altro “Massone”.

Abbiamo davanti i giorni più delicati del confronto e l’argomento è la città.

Se il Sindaco uscente non avesse inteso le programmazioni integrate europee e nazionali come un modo per far cassa, ma per costruire il futuro passando magari per la storia – Benevento, oltre duemila anni fa, era considerata la porta di scambio tra Oriente ed Occidente; un tempo al pari delle città portuali come Pozzuoli, Cuma, Ercolano, Pompei, Benevento era considerata una postazione nevralgica sulla direttrice tirreno-adriatica – oggi, non avrebbe bisogno di parlar d’altro, cercando di distrarre i cittadini con un’opera di esaltazione di un risultato che tale non è.

Il ballottaggio esiste proprio per segnalare l’importanza della scelta del Primo Cittadino. Ecco perché esso deve essere l’espressione di una maggioranza qualificata di elettori. Non è solo un allungamento oneroso delle procedure elettorali. E’ una garanzia democratica.

Un plauso a chi come Rosetta di Stasio,  ricorda ai cittadini, prima che al Sindaco uscente che “Il ballottaggio, più ancora del primo turno elettorale, è patrimonio assoluto della popolazione, nel  senso che, non esistendo più il vincolo a votare il “parente, l’amico, il collega” indipendentemente  dalla lista di appartenenza, il cittadino si sente più libero di scegliere. Ciò anche in considerazione  del fatto che il voto non è più “controllabile …. Mi auguro che i cittadini di Benevento scelgano in modo consapevole e convinto…”.

Erminia Mazzoni