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Benevento – Una settimana fa finirono agli arresti domiciliari, all’esito di una attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento, raggiunti da gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di favoreggiamento della prostituzione, mediante la gestione di una struttura ricettiva extralberghiera – affittacamere “Casa Vacanze”  – a Benevento, nonché di un altro appartamento situato in città concesso in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione. Nei guai finirono Carmelina Vene, 62enne ed il figlio, Biagio Antonelli, 25enne, entrambi di Montesarchio e difesi dall’avvocato Mario Tomasiello.

In data odierna si sono tenuti gli interrogatori di garanzia, dinanzi al gip Pietro Vinetti,  dove hanno risposto la signora Vene e il figlio Biagio. Quest’ultimo ha dimostrato e provato la sua estraneità ai fatti essendo uno studente fuorisede a Fisciano. Lui si limitava semplicemente a registrare le fatture o le prenotazioni che venivano fornite dalla madre, che si occupava di fatto di tutta la gestione. Per quanto riguarda la 62enne ha ammesso di essere a conoscenza del lavoro che veniva svolto all’interno della casa, però non ha mai favorito tanto è vero che i prezzi non erano a favore delle prostitute. Di conseguenza, secondo la difesa, nessuna attività di favoreggiamento può inquadrarsi, benché la donna fosse a conoscenza dei fatti. Adesso la decisione è rimessa al Gip dopo l’interrogatorio di oggi, successivamente al parere che gli verrà fornito dal Pm.

L’INDAGINE 

L’attività d’indagine traeva origine dalla segnalazione di un cittadino circa un movimento di persone all’interno di un appartamento adibito a struttura ricettiva. Le conseguenti indagini svolte dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Benevento, attraverso servizi di osservazione, consentivano di verificare l’effettiva presenza di persone che si recavano all’interno dello stabile e, quindi, procedevano alla loro identificazione ed alla loro escussione quali clienti delle persone dedite all’attività di prostituzione.

Successivamente, veniva avviata attività di intercettazione telefonica a carico di varie utenze, che offriva ulteriori riscontri e rendeva conto della redditività dell’attività posta in essere dal gestore e titolare della struttiva ricettiva per l’esercizio del meretricio. In particolare venivano raccolti gravi indizi a carico della donna, che gestiva di fatto l’attività, teneva i contatti con le persone esercenti la prostituzione, ne organizzava i turni di regola settimanali, ne curava gli spostamenti, favoriva la compresenza di più persone nell’appartamento – ciascuna nella propria camera da letto, cercando di soddisfare le richieste delle singole persone quanto alle compagne di appartamento -, puliva i locali al termine di ciascun turno, concordava il prezzo del soggiorno e riscuoteva il denaro, tollerando che le persone pubblicassero fotografie dell’appartamento sui siti di incontri ove offrivano prestazioni sessuali a pagamento. Venivano raccolti altresì gravi indizi a carico del figlio della donna, il quale curava la parte burocratica, registrando le presenze presso la struttura ricettiva e predisponendo le fatture, nonché stipulando contratti di locazione del secondo immobile, scritti o verbali, di durata breve, dai sette ai quattordici giorni, nella consapevolezza dell’attività di prostituzione esercitata dalle persone soggiornanti negli immobili medesimi.

Sulla scorta degli elementi raccolti il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Benevento, condividendo la richiesta della Procura, emetteva il provvedimento cautelare degli arresti domiciliari nei confronti della donna e del figlio, in considerazione del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, poiché l’attività investigativa consentiva di rilevare il radicamento del proposito criminale, tanto che, la donna nel corso dell’attività investigativa dispiegata si procurava, acquistandolo, il secondo immobile da destinare alla medesima attività di meretricio. Il GIP del Tribunale di Benevento, accogliendo la richiesta della Procura, disponeva il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, dei due appartamenti, atteso che gli stessi hanno costituito e costituiscono tuttora, uno degli strumenti adoperati dai prevenuti per favorire l’attività di meretricio.