Bologna – Aveva dimenticato i suoi preziosi farmaci in treno, gli agenti della Polizia Ferroviaria glieli hanno ritrovati e lui li ha ringraziati con una lettera commovente. E’ accaduto a un 60enne di Benevento che la scorsa settimana si era recato a Firenze per far visita alla figlia. Una volta sceso dal vagone alla stazione di Santa Maria Novella e dopo percorso qualche metro, si è reso conto di aver lasciato il borsello con i farmaci all’interno del treno che nel frattempo si era già mosso in direzione Bologna. Comprensibilmente preoccupato, nel ricevere risposte negative dalla compagnia di trasporti, l’uomo ha allertato gli uomini della Polfer del capoluogo emiliano che si sono adoperati affinché il tutto venisse recuperato. Di seguito il testo della lettera:
“Egregi Signor Questore di Bologna e Signor Dirigente del Compartimento della Polizia Ferroviaria di Bologna, con la presente voglio esprimere il mio più sentito compiacimento per l’operato di alcuni agenti della Polfer di Bologna a seguito di uno sfortunato accadimento incorso lo scorso venerdì. Quella sera, appena sceso dal treno che mi aveva portato a Firenze, dove vive mia figlia, mi accorsi di aver lasciato un preziosissimo borsello sul medesimo treno, nella convinzione che tale borsello fosse stato preso da mia moglie. L’importanza dell’oggetto era nel suo contenuto il quale non si sostanziava in soldi o preziosi, ma in tutta una serie di medicinali che posso senza eccesso definire “salvavita”.
Infatti, per tutta una sfilza di patologie sulle quali non mi soffermerò, senza quei numerosi farmaci, quello che si prospettava come un sereno week end in visita a mia figlia poteva diventare una vera e propria sventura. Già in preda ad una forte agitazione, con la mia famiglia al seguito, ci precipitammo subito presso Casa Italo dove, spiegata la situazione, un dipendente ci disse che l’unica cosa che poteva fare per noi era fornirci il numero “Assistenza Italo”, un’utenza a pagamento della compagnia ferroviaria tramite la quale provare a risolvere il problema.
L’operatore telefonico, nonostante gli avessimo comunicato l’importanza vitale di quei farmaci, ci rispose che non sussisteva nessun mezzo per la compagnia di mettersi in contatto col “Train manager” al fine di fargli recuperare il borsello e che tutto quello che poteva fare, era avviare una segnalazione di smarrimento, così una volta che il treno fosse arrivato al termine della corsa giornaliera e qualora il personale delle pulizie lo avesse ritrovato e riconsegnato, si sarebbero premurati di farcelo avere in tempi brevi e a spese nostre.
Rassegnato e spaventato, senza nessuna ricetta medica al seguito né documenti che certificassero la mia malattia, iniziai un giro di telefonate per produrli e cominciai a cercare un ospedale o una Guardia Medica per tentare di sbrogliare la situazione ed essere monitorato.
Erano già passati una ventina di minuti dalla partenza del treno quando ad un tratto ci balenò l’idea di provare a chiamare la polfer di Bologna, prossima fermata del mezzo. Ogni reticenza si lasciò spazzare via dalla gravità della situazione. Mia figlia chiamò e rispose un giovane che successivamente seppi chiamarsi Matteo Pavone.
Il ragazzo subito cercò di tranquillizzarci e ci chiese, con cortesia e professionalità, il numero del treno, i posti occupati ed un cellulare dove contattarci. Quando chiudemmo la conversazione, i minuti sembravano non passare più ed il momento era abbastanza concitato, ma dopo poco tempo, finalmente arrivò la tanto attesa telefonata: i miei farmaci erano stati recuperati e si trovavano al sicuro col mio “salvatore”.
Ho ringraziato di cuore questo giovane ed i suoi colleghi che si sono prodigati per me e come cittadino ci tengo a congratularmi con tutta l’amministrazione della Polizia di Stato perché l’operato del singolo si riflette anche su di essa. Ho riscontrato in quei poliziotti un’empatia e una prontezza che incarna tangibilmente i valori di quella polizia di prossimità che si è rivelata tanto rassicurante.
Probabilmente per loro si è trattato di un rinvenimento come tanti, un atto di polizia di poco conto rispetto, che so, ad un arresto o allo sventare un suicidio, ma rimarco con gratitudine che così non è stato vista l’importanza vitale dell’oggetto in questione, che recuperai poche ore dopo facendomi accompagnare in auto.
Quella sera passai dallo sconforto e dalla rassegnazione alla consapevolezza che esistono ragazzi come quelli in questione i quali svolgono il loro lavoro con abnegazione e che davvero si sentono a servizio del cittadino, in quel caso al mio e, come è giusto che sia, ho tenuto a palesare la correttezza del loro operato che solitamente si compie nel silenzio giornaliero dell’espletamento dell’ordinario servizio”