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Benevento – La storia di Carmelo Imbriani ha segnato profondamente la città ed il club giallorosso. A lui è stato intitolato l’antistadio dove attualmente giocano le giovanili giallorosse, perché Imbriani rappresenta il passato ma soprattutto il futuro del Benevento Calcio. Con il sogno della serie A realizzato, la mente dei tifosi ripercorrere le tappe principali di questo lungo viaggio, che Imbriani ha intrapreso con la maglia del Benevento. Sempre assieme fino all’ultimo giorno. “Era un ragazzo legato alla squadra ed alla sua città”, così lo ricorda l’allora presidente del club Pino Spatola. Un attaccamento fortissimo confermato dal fratello Giampaolo. “Carmelo sognava di portare la squadra in categorie superiori e c’era quasi riuscito. Con rammarico aveva vissuto la mancata vittoria della semifinale per la promozione in B. Non so cosa avrebbe detto oggi, ma so benissimo quanto significasse per lui quella fascia al braccio, quanto era orgoglioso di essere il capitano della squadra della sua città”.  Carmelo da giocatore, è descritto da tutti come un atleta eccezionale, i suoi compagni lo ricordano come un giallorosso purosangue, prima di tutto grande tifoso e poi calciatore. “Custodisco gelosamente tutti i ricordi che ho di Carmelo” ha spiegato il calciatore Domenico Colletto suo compagno di squadra. “Ci teneva a fare sempre bella figura per i tifosi, per Benevento. Tutti noi eravamo orgogliosi di indossare quella maglia, ma lui di più, sentiva la responsabilità di dare il meglio di sé in ogni partita. Ricordo un match contro l’Avellino, al Partenio: vincemmo 2-0 il primo gol fu il suo il secondo mio.  Ho ancora stampato davanti agli occhi quel sorriso, semplicemente la felicità di un ragazzo di Benevento che riusciva a portare a casa un risultato storico che non avveniva da anni”. Era un trascinatore Imbriani, capitano valoroso: “E’ stato un grande punto di riferimento, sempre in prima linea. Quando giocavamo assieme avevo io la fascia al braccio, una sera non restai ad una festa con la squadra per un problema familiare, mi chiamò, mi chiese dove abitavo. Dopo cinque minuti era sotto casa mia. Un capitano, mi disse, non può mancare in queste occasioni.  Se fosse stato ancora tra di noi, per la gioia non avrebbe dormito per una settimana. Credo che da lassù stia sorridendo e gioendo per questa vittoria”.