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Stamattina si è tenuto presso il carcere di Secondogliano l’interrogatorio di garanzia del boss Gennaro Morgillo, difeso dall’avvocato Vittorio Fucci e Igino Nuzzo, a cui è contestato un ruolo di primo piano nell’associaizone a delinquere finalizzato al traffico di droga, che ha portato nella mattinata dell’ altro ieri a circa 38 misure cautelari.

Il boss si è professato innocente e si è avvalso della facoltà di non rispondere. La difesa ha ritenuto di non fare passi falsi e puntare sul Riesame e poi eventualmente alla Cassazione, avendo così il tempo di un’ approfondita e puntuale difesa, senza compromettere in questo momento, visto la voluminosità del fascicolo delle indagini, la posizione del Morgillo, che è già estremamente gravata dalle accuse. Ricordiamo che dagli atti risultano anche i contatti del Morgillo con i narcos in Bulgaria per rifornire di droga le piazze locali. 

Parliamo dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 31 persone finite in carcere e sei ai domiciliari oltre ad un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Un maxi-blitz da parte dei carabinieri del Nucleo Investigativo tra le province di Caserta, Napoli e Benevento. Un’organizzazione criminale capeggiata da esponenti di vertice del clan camorristico Massaro, operante nei comuni della parte est del Casertano come San Felice a Cancello e Santa Maria a Vico, la cosiddetta Valle di Suessuola al confine con il beneventano. Prrovvedimenti che sono stati emessi dal Gip del tribunale di Napoli su richiesta della Dda.

In carcere è finito il 52enne Filippo Piscitelli, fratello del boss Raffaele; con Piscitelli sono state arrestate anche due delle sue ex mogli (si è sposato tre volte), in tutto sono otto le donne indagate che spacciavano anche davanti ai figli.

Dall’inchiesta è emerso come il gruppo, contando sul legame con la camorra, fosse riuscito a gestire in modo egemone il traffico di stupefacenti nella Valle di Suessuola, creando un business tra i più floridi del Casertano.

Ogni piazza di spaccio veniva gestita da un referente dei capi, che doveva rifornirsi di droga usando i canali indicati dal vertice dell’associazione, in particolare basi situate nei comuni napoletani di Marano e San Giorgio a Cremano. Se il responsabile di qualche piazza faceva credito e non riusciva a recuperarlo, i creditori venivano puniti. Sono stati documentati violenti pestaggi, atti incendiari e minacce armate.

Dalle indagini è emersa anche l’esistenza di una rete telefonica costituita da cellulari “dedicati”, che consentiva le comunicazioni tra alcuni indagati e i loro familiari ristretti in strutture carcerarie. Nel corso delle indagini sono stati arrestati in flagranza otto spacciatori e sono stati sequestrati 200 grammi di hashish, 350 di cocaina, una pistola beretta calibro 7,65 nonché sono stati segnalati alle Prefetture numerosissimi assuntori di stupefacente.