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Caserta – Il fronte del no al biodigestore di Ponteselice serra i ranghi dopo la pubblicazione nell’albo pretorio del Comune della determina che di fatto approva il bando per l’affidamento della progettazione della struttura.

A nulla sono servite le mozioni proposte al Consiglio comunale, mai passate alla discussione dell’assise, né le proteste cittadine piovute da ogni parte, sia a firma dei cittadini di Caserta sia di quelli dei comuni  vicini come San Marco Evangelista, Recale, Capodrise, Casagiove e San Nicola la Strada.

Voci inascoltate che argomentano in maniera diversa le perplessità rispetto ad un impianto che impegna il bilancio 2018 del Comune di Caserta per una somma di 10.600 euro “per le spese relative alla Centrale di Committenza Asmel Consortile” affidataria della progettazione della struttura, e ciò nell’ambito di un progetto per il quale la Regione Campania ha già stanziato oltre 2 milioni e mezzo su un finanziamento totale pari a 26 milioni e 500mila euro.

Tre e le linee principali del no all’impianto,  sostenute da Forza Italia, da Speranza per Caserta e da Città Futura.

La prima,  sostenuta da Forza Italia, contesta la realizzazione del digestore anaerobico a pochi passi dalla Reggia di Caserta dove, secondo il piano regionale dei rifiuti, arriveranno 45mila tonnellate di frazione organica di immondizia all’anno, quantitativo di almeno 30 mila tonnellate superiore rispetto alle reali necessità della città. Da qui il sospetto che l’impianto di Ponteselice ospiterà rifiuti umidi provenienti da altre province rendendo il territorio, ancora una volta come in epoca Bassolino, la discarica della Campania.

Impianto sovradimensionato anche secondo il movimento politico casertano Città Futura che, attraverso il suo rappresentante consiliare Enzo Bove, entra nel merito tecnico della faccenda.

“Il biodigestore per produrre gas, ossia per completare il processo di gassificazione da umido misto, necessita di almeno 30 giorni – spiega Enzo Bove – E nel frattempo che la camera stagna possa essere riaperta e caricata, dove va la sezione umida che a Caserta si ritira tre volte la settimana? E seppure fosse prevista una rete tra i 4 biodigestori della provincia, è ingannevole parlare di un impianto realizzato solo per il fabbisogno della città. Inoltre il residuo prodotto dalla combustione, che costa circa 40-50 euro a tonnellata, dove va a finire? Perchè si continua a sostenere l’utilizzo del gas prodotto quando se ne conosce bene la scarsa qualità di combustione che in città come Roma ha bloccato i mezzi della polizia municipale? E, senza entrare nel dettaglio di una spesa di realizzazione enorme rispetto a quelle reali, ci si chiede perchè si esclude senza contraddittorio l’ipotesi di utilizzare le cave di Caserta, già esistenti e da bonificare, riempiendole di rifiuti umidi inertizzati? Una operazione utile per l’ambiente e a costo minimo rispetto a quelli previsti per il biodigestore”.

Localizzazione folle e scelte politiche schizofreniche, invece, secondo il movimento politico casertano Speranza per Caserta che, attraverso il consigliere comunale Francesco Apperti spiega: “Nonostante le rassicurazioni fornite dall’amministrazione comunale in merito ai miasmi che l’impianto potrebbe emettere – sottolinea Apperti – faccio notare che il benché minimo rischio diventa inaccettabile quando la posta in gioco si chiama Reggia di Caserta, con tutto quello che ne deriva in termini di immagine del territorio a livello internazionali e ricadute anche economiche per tutto il territorio. Sottolineo che l’impianto funziona solo a valle di una raccolta differenziata fatta bene, e che comunque in altre città d’Italia sono emersi gravi problemi di puzza anche in contesti di case sparse. Rischi troppo alti per la Reggia, distante poche centinaia di metri da Ponteselice, anche alla luce di una strategia di comunicazione e promozione massiccia che il Mibact e il direttore della Reggia Mauro Felicori stanno portando avanti da almeno 2 anni con ottimi risultati in termini di presenze turistiche registrate al monumento. A questo si aggiunge il fatto che qualche settimana fa la Giunta Marino ha approvato un progetto per la realizzazione di un Polo Scolastico dedicato a bambini tra 0 e 6 anni di età. Un complesso da realizzarsi in via Martiri di Bellona, rione Sant’Agostino, che dista dalla zona industriale di Ponteselice poche centinaia di metri e separato solo dalla tratta ferroviaria. Un progetto anche questo finanziato dalla Regione Campania per 2 milioni e mezzo di euro. Come definire, quindi, le scelte della Regione Campania e della politica casertana se non come schizofreniche?”.

Apperti fa notare anche che, senza nulla togliere al valore professionale dei tecnici che si sono espressi in marito alla localizzazione dell’impianto a Ponteselice su mandato del Comune, manca la garanzia di equidistanza che valse nel ’95 quando, sulla opportunità o meno di realizzare impianti di trattamento rifiuti in una città altamente urbanizzata come Caserta, l’allora sindaco Aldo Bulzoni chiamò ad esprimersi il Prefetto di Napoli, commissario delegato all’emergenza rifiuti, che istituì un Gruppo tecnico di diagnostica ad hoc.

“E’ vero che gli impianti dell’epoca erano ben diversi da quelli attuali, ma le risultanze della relazione, sottoscritta della struttura tecnica prefettizia, dall’Istituto Superiore della Sanità, dal Servizio Geologico Nazionale, dall’Enea e dal Ministero dell’Ambiente, esclusero incontrovertibilmente la possibilità, per vincoli, ambientali, paesaggistici, idrogeologici, fattori antropici e logistici, di ubicare un impianto di trattamento rifiuti nel contesto territoriale di Caserta. Di contro, ad esprimersi in merito alla realizzazione del biodigestore di Ponteselice, sono stati chiamati gli stessi attori istituzionali super partes che ad inizio 1996 relazionarono al sindaco di Caserta Bulzoni, con tanto di nota trasmessa dal Prefetto di Napoli anche al Prefetto di Caserta?”.