- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

“In 48 ore in soli tre istituti penitenziari – Lanciano, Carinola ed Orvieto – sono stati sequestrati oltre 2 kg di droga tra hashish e cocaina. A Carinola se calcoliamo la droga sequestrata in un mese e mezzo siamo già a 1 kg e mezzo. È un conteggio da aggiornare continuamente: almeno 5 kg al giorno si spacciano e si consumano stupefacenti nelle carceri di tutto il Paese con un giro di affari che solo negli istituti campani raggiunge i 10 milioni d’euro l’anno”.

Il segretario generale del sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo rilancia l’allarme: “le carceri italiane, al Nord come al Sud, da anni, sono diventate “piazze di spaccio” proprio come i quartieri Barone a Milano e Scampia a Napoli. È un giro che – afferma Di Giacomo – vede i familiari dei detenuti far entrare la droga oppure pagare direttamente i clan per la fornitura in cella di stupefacenti e l’alternarsi di pusher fuori e dentro le celle, grazie in particolare ai detenuti in permesso lavoro che fanno la spola o utilizzando i detenuti più deboli e ricattabili.

A Lanciano ed Orvieto si è fatto ricorso al lancio di pacchetti dall’esterno del carcere come da tempo avviene attraverso all’impiego di droni e persino al pallone di calcio imbottito di stupefacenti. Con introiti per i clan di milioni di euro, mentre sempre più rari sono i casi, di madri e mogli che portano la droga approfittando del colloquio con il congiunto. Sono invece gli uomini dei clan, che si servono di telefonini per il più comodo spaccio di droga dentro e fuori il carcere e per ordini agli uomini sui territori, a gestire i traffici. Così la detenzione del capo clan che dovrebbe rappresentare la fine della “carriera criminale” – aggiunge Di Giacomo – non solo si trasforma in continuazione ma cementifica i rapporti con detenuti e alimenta l’economia criminale necessaria specie per sostenere le famiglie dei detenuti. Ovviamente – continua il segretario del S.PP. – questo avviene perché la domanda di stupefacenti è alta: la presenza di detenuti classificati tossicodipendenti già all’ingresso è di circa 18mila (poco meno del 30% del totale) per i quali il cosiddetto “programma a scalare” con la somministrazione di metadone ha dato risultati molto scarsi. Non a caso la recidività di reato per questi detenuti, una volta fuori, è altissima. A questi si deve aggiungere che tre detenuti su 10 sono solo spacciatori e non consumatori”.