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Caserta – Quanti sono i bimbi rimasti orfani in seguito ad un femminicidio, e soprattutto che fine fanno, qual è il loro destino? Se ne discute oggi al Seminario Vescovile di Aversa (Caserta), all’incontro dibattito sulla “tutela degli orfani di femminicidio“; tra i relatori il magistrato del tribunale di Napoli Nord Francesca Sequino, Raffaele Cannizzaro, Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso dei reati intenzionali violenti, la criminologa Antonella Formicola, parente di Stefania Formicola, uccisa nel 2016 a Sant’Antimo dal marito Carmine d’Aponte, condannato all’ergastolo nei primi due gradi di giudizio (il 18 febbraio c’è processo in Cassazione); modera l’avvocato Pierpaolo Damiano. Interverranno anche il Vescovo di Aversa Angelo Spinillo, il sindaco Alfonso Golia, la senatrice del Pd Valeria Valente e il Procuratore di Napoli Nord Francesco Greco.
Gli orfani di ‘crimini domestici’ – afferma la Formicolasono figli dello Stato e figli di tutti noi cittadini: si tratta di bambini privati improvvisamente della loro mamma, un trauma impossibile da superare. Dal 2000 ad oggi, sono 1628 circa i bambini orfani di femminicidio in Italia. A livello regionale non abbiamo dati ufficiali, ma possiamo dedurli dalla circostanza che la Campania è la seconda regione in Italia per femminicidi (19 solo lo scorso anno), per cui anche come numero di orfani si attesta ai primi posti nazionali. Ciò che è fondamentale – prosegue la Formicolaè la tutela di queste vittime, con ogni forma; i più ‘fortunati’ vengono affidati alla famiglia materna quando vi è una minima possibilità di sostenerli anche economicamente, mentre gli altri finiscono in case famiglia perché purtroppo i parenti non hanno alcuna possibilità di provvedere al loro sostegno. Fino ad oggi le Istituzioni sono intervenute anche in maniera incisiva anche attraverso importanti passi legislativi per arginare il fenomeno, ma ancora non basta, l’emergenza è grave e credo che si possa esigere e si debba fare di più. Bisognerebbe garantire loro un indennizzo mensile che gli consenta una crescita più serena e dignitosa, almeno fino al diciottesimo anno di età, alleggerendo anche le famiglie affidatarie di tante spese che non sempre sono in grado di sostenere“, conclude la Formicola.