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Milano – Sarà effettuata giovedì prossimo l’autopsia sul corpo di Cosimo Di Lauro, boss della camorra deceduto nella notte tra domenica e lunedì, all’età di 49 anni, nel carcere milanese di Opera, dov’era detenuto in regime di 41bis. Un accertamento disposto nell’ambito del fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti aperto come atto “prudenziale” dal pm di Milano Roberto Fontana.
Lo stesso pm che ha disposto anche una più ampia consulenza medico legale e tossicologica per chiarire con esattezza le cause della morte, nonché quali fossero le condizioni di salute nell’ultimo periodo del 49enne, figlio del capoclan Paolo Di Lauro e che diede vita alla prima faida di Scampia, nell’ottobre del 2004. Secondo un primo esame esterno, la morte del boss, che ormai viveva in un grave stato di decadimento psicofisico, sarebbe sopraggiunta nella notte, anche se la constatazione del decesso è delle 7,10 di ieri.
Sul cadavere del boss e nella cella, come emerso già ieri, non sarebbero stati trovati segni evidenti o elementi che possano far ipotizzare un suicidio o una morte violenta. Si propende quindi per una morte per cause naturali, ma saranno gli accertamenti medici a fare ulteriore chiarezza.

Farneticava di giorno e ululava di notte, Cosimo Di Lauro, l’ex reggente dell’omonimo clan di Secondigliano, “padre” della prima faida di Scampia, deceduto la notte tra 12 e il 13 giungo scorsi nel carcere milanese di Opera dov’era detenuto al 41bis. Inoltre ormai fumava cinque pacchetti di sigarette al giorno, che avevano reso i suoi denti neri come il carbone.
Cosimo, che avrebbe compiuto 49 anni il prossimo 8 dicembre, secondo quanto si è appreso, è stato trovato esanime, supino sul letto della sua cella, dove trascorreva gran parte della giornata, privandosi anche dell’igiene personale.
Nessun segno di violenza riconducibile al suicidio è stato riscontrato sul cadavere. Ieri, però, dopo la notizia della sua morte, è serpeggiata anche l’ipotesi che si fosse tolto la vita, una voce che non ha trovato finora alcun appiglio.
Per i suoi avvocati, già dal 2008 Cosimo Di Lauro era incapace di sostenere i processi, contrariamente a quanto invece sostenevano gli inquirenti: l’ultima visita dei legali risale al giugno del 2019: gli avvocati si recarono nel carcere di Opera per incontrarlo dopo avere ricevuto una lettera nella quale però non aveva scritto neppure una parola. Quando gli avvocati gli chiesero il perché di quel suo gesto lui rispose, ancora una volta, con frasi farneticanti, prima di congedarsi, repentinamente, per – disse ai professionisti attoniti – “una riunione importante con alcuni imprenditori che doveva sostenere nella veste di capo di un mondo parallelo”.
Il figlio del capoclan Paolo Di Lauro, quest’ultimo soprannominato “Ciruzzo o’ milionario”, è stato condannato all’ergastolo, con sentenza passata in giudicato, per l’omicidio (avvenuto l’11 dicembre 2004) di Massimo Marino, cugino di Gennaro Marino, ex braccio destro di Paolo Di Lauro; e per l’assassinio di Mariano Nocera, ritenuto legato agli “scissionisti” degli Abete-Abbinante, ucciso il 2 settembre 2004, secondo il racconto dei pentiti, perché non volle piegarsi al volere di Cosimo.