- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Napoli – E’ irreperibile uno dei dieci indagati nell’ambito dell’operazione della Polizia di Stato, coordinata della procura di Napoli che ha sgominato un’associazione a delinquere con finalità terroristiche. L’uomo, di cui non sono state rese note le generalità, si trova attualmente in Ucraina e dall’attività investigativa è emerso che era in contatto con il battaglione Azov, attualmente impegnato nel fronteggiare l’invasione russa. La circostanza è stata resa nota dal dirigente della Digos di Napoli Antonio Bocelli. All’esito delle perquisizioni, una trentina, ancora in corso, altri potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati.

E’ un ucraino di Termopil, si chiama Anton Radomsky e ha 27 anni l’indagato irreperibile destinatario di una misura cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli Federica de Bellis nell’ambito dell’indagine sull’associazione con finalità di terrorismo di matrice neonazista, suprematista e negazionista, sgominata oggi dalla Polizia di Stato. Il 27enne ha trascorso lungo tempo nel Napoletano e poi è tornato nel suo Paese. Gli inquirenti gli contestano compiti esecutivi nell’ambito dell’organizzazione, come l’addestramento militare degli associati e il reclutamento.
La stessa misura cautelare è stata emessa dal giudice anche nei confronti di Maurizio Ammendola, 43 anni, presidente dell’associazione finita sotto inchiesta, l’Ordine di Hagal, Michele Rinaldi, 47 anni, vice presidente, Massimiliano Mariano, 46 anni (che si occupava di indottrinamento) e Gianpiero Testa, 25 anni, amico di Radomsky, che si occupava di procacciare proseliti, escursioni e riunioni.
Nei confronti di Fabio Colarossi, 36 anni, il gip ha invece disposto la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria di Roma.

Come ha spiegato il primo dirigente della Digos di Napoli Antonio Bocelli, nel corso di una conferenza stampa in Questura, l’associazione neonazista, suprematista e negazionista sgominata dalla Polizia di Stato si autofinanziava attraverso il versamento di quote.
Le indagini hanno preso il via nel 2019 e dalle intercettazioni è emerso che in chat (sul canale “Protocollo 4” di Telegram) gli adepti parlavano di attentati, contro civili ma anche contro una caserma dei Carabinieri a Marigliano (Napoli). Parole alle quali per fortuna non sono mai seguiti i fatti.
L’associazione, di tipologia verticistica, era organizzata in cinque livelli e caratterizzata da una forte compartimentazione, sia verso l’interno sia verso l’esterno: più alto era il livello gerarchico e più gli adepti che ne facevano parte erano a conoscenza del progetto dell’organizzazione, finalizzato principalmente a propagandare ideologie naziste, contro la religione ebraica, negando la Shoah e a mettere in piedi iniziate finalizzate a sovvertire l’ordine democratico.
Alcuni componenti dell’Ordine di Hagal – questo il nome dell’associazione – si sarebbero anche trasferiti all’estero per partecipare agli addestramenti: combattimenti corpo a corpo con la tecnica di combattimento israeliana “Krav Magà” ed esercitazioni all’uso di armi lunghe e corte. Per queste attività veniva loro conferito anche un diploma. Gli attivisti erano molto preparati e avevamo intenzione di organizzare dei corsi di sopravvivenza estrema.
Sono emersi anche una serie di contatti con fazioni naziste, come il “Battaglione Azov”, Misantropya Division e Centuria.
Sequestrati armi bianche, pistole risultate essere delle repliche di quelle vere, materiale propagandistico, libri sul suprematismo bianco, su Mussolini e Hitler e anche foto dei due dittatori.