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Social media, il Comune di Napoli ha notificato le nuove regole ai propri dipendenti. Entra in vigore il giro di vite, come anticipato a gennaio da Anteprima24, parlando della bozza del codice di comportamento. La nuova Social Media Policy prevede una stretta sull’utilizzo privato delle piattaforme. Il dipendente dovrà non solo astenersi da azioni potenzialmente nocive per il prestigio, il decoro o l’immagine del proprio ente. Ma altrettanto dovrà fare per la “Pubblica Amministrazione in generale”. La disposizione potrebbe, ad esempio, vietare critiche ai ministri, o ai governi in carica. Secondo la legge vigente (d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), infatti, anche i ministeri fanno parte della pubblica amministrazione. E l’interpretazione prevalente assegna ai ministri una doppia veste. Sono considerati dei politici, in quanto concorrono a formare l’indirizzo politico dell’esecutivo, come membri del consiglio dei ministri. Ma sono ritenuti anche i vertici amministrativi del proprio ministero. E lo stesso governo è a capo della Pubblica amministrazione. La questione è assai scivolosa. La prudenza, per i dipendenti, è d’obbligo. Pur incrociando il tema dei diritti costituzionali, come la libertà d’espressione. Una libertà in cui, appunto, si fa rientrare il diritto di critica.

Ma per i dipendenti del Comune, sui social, i problemi non sono finiti. C’è il rischio concreto di violazioni disciplinari anche per comportamenti altrui. La Social Media Policy impone di “verificare” pure “le opinioni espresse” da terzi. In pratica, il dipendente è responsabile di quanto altri scrivono sulla sua bacheca personale. Poniamo il caso di un commento ad un post, o di un tag al proprio profilo. Massima attenzione va posta a tali interazioni. Bisogna cioè evitare che siano “in alcun modo attribuibili all’amministrazione”. Oppure, naturalmente, ne possano “in alcun modo, lederne il prestigio o l’immagine”. Tempi duri, insomma, per i ‘comunali’ sui social. E potrebbe non bastare la continenza nelle opinioni. Secondo le nuove prescrizioni, l’immagine o il prestigio dell’ente potrebbe ledersi anche “attraverso la condivisione di contenuti multimediali”. Vale a dire, come specificato, testi, immagini, video, e perfino “emoji” e “gif”. Anche le ‘faccine’ nascondono pericoli, in sostanza. Oltre a ciò, al dipendente è proibito trattare pubblicamente “comunicazioni attinenti al proprio ufficio”. Si precisa: “Anche se indirettamente”, come potrebbe darsi con “post, tweet, messaggi di testo o vocali, video, immagini”. Paletti strettissimi, in poche parole.

Scontato poi il comando di non divulgare “i documenti e le informazioni di cui abbia disponibilità”. A meno che ciò non sia per ragioni “inerenti al rapporto di lavoro”. Una vera tagliola social, allora, attende il personale del Comune. A vararla, una delibera della giunta Manfredi. Ma Palazzo San Giacomo si è adeguato alle norme nazionali. Queste previsioni “integrano e specificano” il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Un decalogo aggiornato a giugno scorso, con un occhio di riguardo per i social network, da un decreto del presidente della Repubblica. Ma stavolta mal “Comune” non è mezzo gaudio.