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Un presunto sodalizio criminale dedito al traffico di stupefacenti – provenienti dalla Spagna – in diverse regioni italiane, è stato scoperto dai finanzieri del comando provinciale di Perugia che hanno dato esecuzione oggi, su delega della locale Procura della Repubblica, a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Gip del tribunale dello stesso capoluogo umbro nei confronti di cinque persone di cui una destinataria di custodia cautelare in carcere, una agli arresti domiciliari e tre all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Le indagini, avviate lo scorso anno dalla sezione Goa del Gico del nucleo di polizia economico-finanziaria, sono state condotte mediante avanzate tecniche di intercettazione telefonica e ambientale e con l’utilizzo di sistemi di localizzazione satellitare che, insieme ai più tradizionali servizi di appostamento, osservazione e pedinamento. Il gruppo era composto da tre cittadini di origine marocchina residenti in provincia di Perugia, Ancona e Pesaro Urbino, e da due italiani, uno di origini campane residente a Città di Castello, l’altro di origini romagnole e residente a Misano Adriatico. Personaggio centrale è risultato un marocchino più volte indagato in passato, dimorante a Umbertide, il quale ha dimostrato di avere collaudati canali per l’approvvigionamento dalla Spagna e dal Lazio di hascisc e cocaina. Lo stupefacente, tenuto nascosto in aree di campagna ed impervie zone boschive, veniva immesso sulle principali piazze di spaccio a Perugia, nell’Altotevere e nelle province di Rimini e Pesaro Urbino attraverso una ben consolidata rete di spacciatori. Nel corso delle attività investigative, era stato arrestato in flagranza di reato un componente del gruppo ed erano stati sequestrati oltre 2,5 chilogrammi di hascisc e cocaina, insieme a un’agenda gialla contenente appunti manoscritti in lingua araba riportanti una vera e propria contabilità dell’attività di spaccio “che – spiega la Procura – oltre a consentire la ricostruzione dei flussi finanziari per centinaia di migliaia di euro ha messo in luce la stabilità dei rapporti tra il principale indagato e i suoi collaboratori”.