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Nella prima stagione “abbiamo visto diverse crepe aprirsi in quella corazza che il Commissario Ricciardi indossa per proteggere gli altri da se stesso. Stavolta quelle crepe diventano falle nel desiderio di meritarsi un po’ di felicità”. Parola di Lino Guanciale che torna nel ruolo del commissario, capace, nella Napoli degli anni ’30, di vedere i fantasmi delle persone morte in modo violento, creato da Maurizio De Giovanni.

A 2 anni dal debutto, che ha subito conquistato il pubblico Il commissario Ricciardi, torna con una seconda stagione in quattro episodi, dal 6 marzo in prima serata su Rai 1. Alla regia della serie, coproduzione Rai Fiction , Clemart e Rai Com, il testimone è passato da Alessandro D’Alatri a Gianpaolo Tescari. Nel cast, tornano con Guanciale, fra gli altri, Antonio Milo, Enrico Ianniello , Serena Iansiti, Maria Vera Ratti, Nunzia Schiano, Fabrizia Sacchi, più new entry come Fiorenza D’Antonio. Nel racconto, troviamo Ricciardi, reduce da un lutto, al ritorno al lavoro a Napoli per un nuovo caso: la morte di Gaspare O’ Cecato, un ‘assistito’, cioè un uomo capace di ottenere dai defunti consigli sui numeri da giocare al lotto.

Al fianco del commissario nelle indagini e negli sprazzi di vita provata, ci sono sempre il fidato brigadiere Raffaele Maione (Milo) e l’anatomopatologo Bruno Modo (Iannelli), che in queste nuove storie si trova anche ad innamorarsi di una giovane prostituta. Per Ricciardi invece torna a livello emotivo il confronto con le due donne che cercano di vincere il suo isolamento: la timida Enrica Maria Colombo (Ratti) e la cantante Livia (Iansiti). A loro si aggiunge Bianca Palmieri di Roccaspina (D’Antonio), che trova con il commissario una profonda sintonia emotiva. In Ricciardi “c’è una crescita di consapevolezza del posto da dare all’amore nella propria vita – aggiunge Guanciale -. La sua è una lunga storia di formazione, un’educazione sentimentale,della quale qui c’è una turbo accelerazione”. Vorrebbe assomigliare a Ricciardi? “Magari – commenta l’attore – è un uomo di un senso etico altissimo, magari avere la sua capacità di resistenza al dolore”