- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

NAPOLI – Un doppio appuntamento nel nome della par condicio, della sua par condicio, quella che ha imposto a se stesso e ai suoi: “Sostenere tutte le forze progressiste”, va ripetendo da quando è iniziato il conto alla rovescia in vista del 25 settembre, giorno delle elezioni politiche.

“Tradotto: con tutti, e con nessuno”, va malignando qualcuno. Sostenendo, però, che Gaetano Manfredi, ora, sarebbe messo in ogni caso in difficoltà se anche Giuseppe Conte, il leader del Movimento 5 Stelle che da premier lo volle ministro, lo chiamasse a una iniziativa elettorale al suo fianco.

Ma tant’è: finora hanno chiamato Mara Carfagna, frontwoman di Azione, e Dario Franceschini, uno dei gran capi del Pd. Entrambi candidati a Napoli città. E la settimana, il sindaco, la inizia accanto a loro.

Di mattina, accanto alla ministra per il Sud che già a gennaio scorso gli ha consegnato le chiavi di Bagnoli nominandolo commissario, a margine di un comitato per la sua riqualificazione.

Di pomeriggio, accanto al ministro della cultura che gli dà la possibilità di dire: “Sono contento della sua candidatura qui in città perché, nell’irrazionalità dominante della campagna elettorale, riconosce il ruolo nazionale di Napoli”.

Ora, perché bisognerebbe votare il centrosinistra, Manfredi lo spiega così: “Io, con Giorgia Meloni, non temo il ritorno del Fascismo, ma un governo estremamente conservatore con una società e un Paese chiuso e nazionalista. Si può mettere nelle sue mani la modernizzazione dell’Italia di cui tanto parliamo? Secondo me, ci sarebbero dei problemi…”

Tanto più che, in questi giorni, è impossibile, a causa della polemica scatenata dal partito della Meloni, prescindere da Peppa Pig. “Sempre a proposito di emergenza democratica, ci sono parlamentari che davvero sollevano il problema nelle istituzioni…”, dice Franceschini facendo riferimento al problema: un episodio che vede un maialino della serie per i bambini con due mamme.

E invece, tornando alla realtà: Manfredi è un sindaco figlio di più padri, precisamente di 13 liste che l’anno scorso lo catapultarono a Palazzo San Giacomo. E ora la mette così: “Ho sempre detto di sostenere il fronte delle forze progressiste. Napoli è una grande città progressista. E il campo largo va coltivato”.

Anche con il Movimento 5 Stelle?

“Certo. E anche con il Terzo Polo”.

Ma intanto il sindaco vota Franceschini?

Ovvio. Altrimenti non starei qui. Ora bisogna vincere le elezioni, ma poi – avverte – si dovrà lavorare per rimettersi assieme”.

Qualcuno nota che Manfredi vota a Nola, per un collegio dove Franceschini non corre in prima persona. Nel frattempo, però, le dita sono incrociate lo stesso affinchè non squilli il telefono con dall’altra parte chi potrebbe metterlo in difficoltà.

Questo, anche se i dem che seguono Franceschini hanno un’aria più sollevata rispetto a solo qualche giorno fa: secondo i loro sondaggi riservati, la partita sarebbe davvero aperta nei collegi napoletani. E paradossalmente, dove il partito sembrerebbe star recuperando di più, è il collegio che ospita Luigi Di Maio. Altro che Peppa Pig.