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Il blitz via mare con le canoe non ha turbato la caldissima domenica dei bagnanti, rimasti impassibili, nei lidi privati di Posillipo. L’azione pacifica degli attivisti di Mare Libero Napoli, però, ha segnato un’altra tappa nelle proteste per le spiagge libere. Libere per modo di dire: a Posillipo sono circondate da accessi privati o concessioni balneari. Sembrano riserve indiane, confinate ai margini, regolate da numero chiuso e su prenotazione. Una ventina di attivisti è comparsa sui lidi con megafoni e striscioni. Altri seguivano dalla strada, prima di ricongiungersi sulla battigia.

Chiedevano “il libero transito anche dai lidi verso il mare”, la “rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono il passaggio, affinché il mare torni a bagnare Napoli per tutti i suoi abitanti e non solo per chi può permettersi di pagarselo”. Nel mirino delle invettive ancora “le istituzioni a partire dal Comune di Napoli e dall’Autorità di sistema Portuale”. La richiesta, per l’ennesima volta, è di farsi “garanti di questi diritti” e non di tutelare solo gli imprenditori balneari. Incuriositi dal sit-in anche alcuni turisti. “Venite a Nizza, lì ci sono spiagge libere” diceva una signora francese, a chi spiegava le ragioni della protesta. Un’altra turista bionda si scandalizzava: “Vivo a Parigi e sono 25 anni che vengo a Napoli, e mi dà fastidio veramente che in questo posto si deve pagare per avere i piedi bagnati. In Francia abbiamo tante spiagge libere, nel sud, sulla costa ovest oppure nel nord”.

Il problema è sempre la zona di Posillipo. Sulla Spiaggia delle Monache sono ammessi non più di 450 accessi. Appena 50 sull’arenile lato Palazzo Donn’Anna. Una percentuale minima, rispetto a chi vorrebbe entrare, ma subisce il divieto. L’ingresso è una lotteria, registrandosi sul portale spiaggelibere.it. Il numero chiuso è imposto da un’ordinanza comunale. “Per motivi di sicurezza – ripeteva giorni fa l’assessore Cosenza -, siccome hanno un accesso molto difficoltoso, tra l’altro non del Comune, ma accessi privati o in gestione a concessionari, e hanno quindi una via di fuga molto complicata”. Ma gli attivisti non concordano. Invocano la servitù di passaggio, per usufruire dell’indispensabile risorsa pubblica del mare. Per loro, le vie di fuga si possono ampliare limitando gli spazi in concessione, non il numero di accessi liberi. Nel frattempo un’altra estate assiste al paradosso napoletano: il mare non è più elemento identitario, per la città, ma un bene comune negato. “Per arrivare alla spiaggia libera – ricorda l’attivista Cesare Di Transo – bisogna chiedere l’accesso a un vigilantes privato, pagato dal gestore del lido, passare piegandosi sotto a un pontile, attraversare altri due lidi privati, e alla fine si arriva alla spiaggetta di pochi metri. L’accesso alla battigia non potrebbe essere impedito“. Ma intanto, come gridavano i manifestanti, il mare continua a non bagnare Napoli. E stavolta non c’entra il romanzo di Anna Maria Ortese.