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di Giovanna Fusco

Girl Power”, il “Potere è Donna”, Be A Feminist: tante volte abbiamo sentito queste espressioni per indicare un potere diverso da quello concepito tradizionalmente, che condivide invece di comandare, che unisce e non separa, che rivendica, non richiede.

L’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, è diventata ormai una data simbolo per ricordare i diritti e le conquiste sociali ottenuti nel corso degli ultimi decenni dalle donne e osservata in tutto il mondo.

Tale ricorrenza viene spesso associata a due avvenimenti: il primo risalirebbe all’ 8 marzo del 1911, anno in cui un gruppo di operaie dell’industria tessile di New York avrebbe scioperato a causa delle terribili condizioni in cui si trovavano a lavorare e in 134 sarebbero morte nell’incendio scoppiato in seguito alla serrata dei proprietari della fabbrica. È, però, un falso storico.

Il secondo evento, invece, più accreditato dagli studiosi, è legato all’ 8 marzo del 1917 e alla Rivoluzione di febbraio in Russia, durante la Prima Guerra Mondiale: in tale occasione molte operaie russe scesero in piazza a protestare contro lo zar. Fu questo un evento determinante per la storia della Russia e anche per l’affermazione della presenza del genere femminile che stava reclamando con sempre maggiore incisività il proprio riconoscimento come soggetto attivo.

Qualunque sia il momento di origine della ricorrenza un fatto è certo: le donne hanno dovuto combattere sempre e il doppio degli uomini per ottenere i propri diritti. Se in Italia possono votare è grazie ad una prima grande conquista del 1946, quando la popolazione femminile è finalmente ammessa a partecipare alle decisioni e alle scelte che riguardano la vita politica del paese; nel 1948 la Costituzione repubblicana estende alle donne il diritto di accedere in condizioni di uguaglianza a tutti gli uffici pubblici e alle cariche elettive; negli anni ‘50 e ‘60 si sviluppano alcune norme importanti sulla tutela della lavoratrice madre, il divieto di licenziamento durante la gestazione, l’astensione obbligatoria prima e dopo il parto; nel 1963 una legge ammette le donne alle cariche, professioni, impieghi pubblici, in vari ruoli, carriere e categorie; nel 1981 viene cancellata l’infamità del diritto d’onore e del matrimonio riparatore;  nel 1999 diviene possibile anche accedere alla carriera militare. Oltre a queste importanti conquiste, che hanno a che fare maggiormente con la vita professionale, dobbiamo menzionarne alcune che fanno parte della vita privata e familiare: negli anni ’70, infatti, due leggi hanno avuto un impatto sociale fortissimo e hanno cambiato radicalmente il modo di intendere la vita della donna. Sono state infatti approvate le leggi sull’interruzione volontaria di gravidanza e il divorzio; recente, invece, del 2009, è la legge sullo stalking.

Come non riconoscere, allora, lo sforzo di donne che hanno fatto la storia, figure-simbolo come, ad esempio, Franca Viola, considerata la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore dopo essere stata stuprata? Per capirne l’estrema importanza bisogna ricordare che, fino al 1981, c’era nel codice penale italiano un articolo, il 544, che con riferimento al reato di stupro recitava “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.” Una persona colpevole di stupro, infatti, poteva evitare il carcere semplicemente sposando la persona che aveva violentato. Il coraggio di dire di no, la volontà di cambiare le cose, di dare dignità alle donne vittime di maltrattamenti, ha fatto sì che la sua storia cambiasse il codice penale e che Franca Viola diventasse un vero e proprio esempio di emancipazione femminile cui ispirarsi.

Questo è solo un brevissimo excursus, tra l’altro incompleto, delle tappe che hanno consentito alle donne di essere ciò che sono: individui alla pari degli uomini, con gli stessi diritti e con le stesse tutele. Il cammino è stato tracciato ma non affatto concluso. Affinché possa completarsi è necessario che le donne non arretrino su ciò che hanno faticosamente conquistato, che siano sempre in contatto tra di loro e con la società in cui vivono in un dialogo reale e non fittizio, che facciano sentire la loro voce quando sentono minacciati certi diritti, che rivendichino sempre la propria dignità di essere umani.

Conquiste ottenute coraggiosamente devono essere preservate come beni preziosi e l’8 marzo dovrebbe servire soprattutto a questo, a custodire l’altissimo valore civile e sociale di una storia di lotte e di rinunce e farci riflettere su quanto deve ancora essere realizzato in ogni parte del mondo.

L’8 marzo non è solo oggi, è tutti i giorni. Come noi siamo donne sempre.