- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Cava de’ Tirreni (Sa) – Quella in corso è la sesta stagione in Italia per Rubén Palomeque, terzino destro spagnolo classe ’94 della Cavese. Per lui quest’anno 21 presenze e un gol con la squadra allenata da Modica che adesso sogna di raggiungere i play off. Il difensore è stato intervistato da Soycalcio.com, giornale online spagnolo che si occupa delle vicende del calcio italiano dalla serie A ai campionati inferiori. Dalla chiacchierata con il collega Irati Prat sono emersi tanti dettagli interessanti non solo sulla sua carriera, ma anche su quelle che sono le differenze tra il modo di intendere il ‘football’ in Spagna e la visione italiana. 

Palomeque si trasferì in Italia da Malaga, sua città natale, all’età di 17 anni perché il papà trovò lavoro a Roma: “Da quel momento ho girato molto, cambiando tante squadre. Praticamente tutta la mia vita calcistica è collegabile all’Italia tranne una piccola esperienza a Linares, in Spagna”. 

Dopo il settore giovanile del Bologna e varie parentesi con Como, Paganese, Cremonese, Lucchese e Lupa Roma è arrivato il trasferimento a Cava dei Tirreni, che sembra essere la piazza giusta: “E’ una piccola città di sessantamila abitanti, un posto tranquillo e accogliente, in cui si vive molto bene. La differenza tra il calcio spagnolo e quello italiano è che qui è tutto più rigoroso, mentre in Spagna c’è più libertà. I giocatori di serie C in Italia fanno questo mestiere per lavoro. L’aspetto negativo del calcio italiano è che ci si muove molto e che dopo aver giocato con le squadre Primavera sei costretto ad andare via. In Spagna se vali puoi giocare nella squadra B e magari approfittarne per trovare un po’ di spazio quando qualcuno della prima squadra si fa male”. 

Nelle serie inferiori italiane, inoltre, è difficile trovare squadre che giocano un calcio piacevole: “Ce ne sono, ci sono anche quelle, ma non è la normalità. In Lega Pro sono in pochi a voler giocare palla a terra. In serie C si trova davvero si tutto, il campo non è mai come dovrebbe essere e la palla viene spesso lanciata per cercare la punta che è normalmente il tipico attaccante italiano di un metro e novanta che la controlla e si lascia cadere”.  

La speranza della Cavese resta l’aggancio alla zona play off, che comunque è molto ampia: “Il campionato è un po’ pazzo, la formula è cambiata di recente, quando ho iniziato a giocare era diversa. Noi siamo una squadra nuova, con giocatori che non hanno giocato principalmente in questa categoria e il primo obiettivo era salvarci. Ora che stiamo andando bene, possiamo sperare di fare qualcosa in più”. 

Qui l’intervista completa