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Salerno – Avrebbero intestato due bar a dei prestanome per eludere le misure di prevenzione antimafia. La Corte di Appello di Salerno, presieduta da Verdoliva,  accoglie l’eccezione dei difensori  in ordine all’individuazione non solo del corretto tempus commissi delicti ma anche del conseguente regime prescrizionale da applicare alla fattispecie delittuosa. Imputati erano Gianluca Viviano, 42 anni, e Alessandro Viviano, 38 (figli di Aniello Viviano capo dell’omonimo clan già coinvolto in inchieste della Dda salernitana sui gruppi D’Agostino-Capri e Ubbidiente-Faggioli), condannato in primo grado a tre anni e quattro mesi,  Gianluca Palmieri, 43 anni, Monica Fortunato, 33, Enrico Leone, 53, e Antonella Pecoraro, 51 condannati a due anni e sei mesi. Nel collegio difensivo tra gli altri l’avvocato Fiorenzo Pierro. Le indagini della Dda presero il via circa nove anni anni fa in seguito dell’intestazione di due locali salernitani a quelli che per il tribunale erano solo dei prestanome della famiglia Viviano. In particolare, i figli di Aniello Viviano, raggiunti insieme al padre da provvedimenti giudiziari di prevenzione patrimoniale, allo scopo di mantenere la titolarità dei beni ottenuti dal genitore con la prolungata attività illegale, avrebbero intestato a Monica Fortunato, il Bar Ginevra lasciando solo formalmente a Enrico Leone e Antonella Pecoraro, tramite una società a responsabilità limitata, la titolarità del Bar Roma, dai quali lo avevano acquistato.