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Montecorice (Sa) – Dubbi, perplessità, cose che si possono fare lì dove non è possibile. Averne meriti ma sbagliare completamente la geografia della lavorazione. Il Psr è anche questo. Non solo appropriarsi di fondi senza averne meriti, trasformare coltivazioni che hanno punteggi superiori ritoccando il progetto originale. Il Psr è anche fare le cose per bene, cercare di poter lavorare ma dimenticarsi che esistono posti che non sono trasformabili, che esiste una natura che va preservata e che deve rimanere così com’è.

E’ il caso di Montecorice, piccolo paese del Cilento che ha la fortuna di avere mare e monti che si baciano. Scenari contrapposti. Una macchia verde che si erge su uno scenario di azzurro incantevole. E si ricordi bene la macchia verde perché non è una macchia qualsiasi, ma il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.

Zone intoccabili, zone che hanno tanti vincoli. Insomma non è semplice arrivare a poter rendere quel tipo di terreno coltivabile. Eppure pare che ci si riesca, o che comunque qualcuno ci sia riuscito. Nessun dito puntato contro, stavolta, l’azienda in questione, in primo insediamento, ha presentato un progetto di coltivazione di erbe aromatiche. Ma i dubbi sono tanti. In primis quello legato al contributo, inferiore a quello richiesto. Per quale motivo? Poi c’è la questione di un parere che deve essere ricevuto entro il termine di presentazione della domanda ma, pare, questo non sia stato rispettato. E poi, i vincoli. I benedetti vincoli che attaccano le mani.

Un parco del genere deve sottostare a diversi obblighi. In primis siamo proprio in zona parco e già questo, di per sé, dovrebbe porre una serie di problematiche sulla fattibilità della cosa. E’ una zona a vincolo paesaggistico, esiste un Ptp, piano territoriale paesaggistico. Paroloni, ma la traduzione è semplice: esiste un territorio e va tutelato nella sua conformazione. Macchia verde, come detto e questo rende la zona a vincolo boschivo: è un bosco e tale deve rimanere, c’è il divieto di conversione. Finisce qui? No. Esiste anche un vincolo di natura idrogeologica e questo vieta la trasformazione di terreni saldi.

Sicuri che tutti questi vincoli siano stati rispettati? O che esista una deroga a tutto ciò? Certo, guardando in prima persona, di contrasti ce ne sono. Esistono muretti a secco in alcuni punti, in altre pare che non ci siano e anche questi non possono essere toccati. Poi esiste un corso d’acqua e filari che non si sviluppano in modo tale da assecondare la morfologia del territorio. Tradotto, si lavora verso pendenza. Non il massimo. E se fosse un terreno vittima di qualche incendio negli anni scorsi, beh, questo lo renderebbe neanche pascolabile. Inutilizzabile.

I dubbi sono tanti e servirebbero risposte, quelle che ci si aspetta da un po’. Serve un confronto con l’assessore Caputo che ha potuto verificare, carte alla mano, che questo Psr è nato sotto una cattiva stella e che ha aperto gli occhi a tanti, a danno di molti meritevoli. Ma una cosa deve essere ben chiara. Tante aziende sono state viste in giro per la Campania e tante non avevano requisiti. Ma nessuno cerca il peccatore, il problema grossa sta tutto nel peccato.

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