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Salerno – All’indomani dell’adozione del Dpcm (in vigore da venerdì 6 novembre), l’analista finanziario e professionista alla Borsa Valori Stefano Masullo prefigura scenari decisamente cupi per l’economia a causa dell’impatto, complessivo, del Covid. Stefano Masullo, milanese, è magnifico rettore di Isfoa – Istituto Superiore di Formazione e Organizzazione Aziendale – libera e privata università di diritto internazionale, di cui è pro rettore vicario il professore salernitano Vincenzo Mallamaci (foto) cardiologo fondatore della Onlus ‘E ti porto in Africa’.

Masullo scrive: “Bar, ristoranti, pizzerie e pub oltre a mercati e centri commerciali. Tutti dicono no al Dpcm che li obbliga alla chiusura. Fino al 3 dicembre nelle zone rosse, secondo le stime Fipe, terranno le saracinesche abbassate circa 90mila pubblici esercizi. Si tratta del 27% del totale con la perdita di 1,6 miliardi di incassi mentre 306mila lavoratori rimarranno a casa.

«Quello che si sta abbattendo sulle imprese della ristorazione è un vero e proprio tsunami – fanno sapere da FIPE-Confcommercio -. La situazione dei pubblici esercizi era già drammatica prima dell’ultimo provvedimento, con 10mila imprese in meno tra marzo e ottobre 2020 rispetto lo scorso anno.

In aggiunta negli Ospedali si arriverà ad una situazione insostenibile soprattutto per i pazienti non Covid che giorno dopo giorno si vedranno togliere posti letto, tanto che il ministero della Salute ha appena diramato una circolare per ‘la valutazione della graduale rimodulazione dell’attività programmata differibile’.

In altre parole il rinvio di interventi, ricoveri e prestazioni non urgenti. Insomma lo stop alle altre cure – escludendo le urgenze e le oncologie – è sempre più vicino come accadde a marzo scorso nel pieno della prima ondata quando ‘saltarono’ 300mila interventi chirurgici e milioni di visite e prestazioni ambulatoriali.

Le previsioni CERVED sul totale delle imprese private (non solo PMI) prevede che a fine 2021 vadano persi 1,4 milioni di posti di lavoro, che, con nuove chiusure, potrebbero salire a 1,9 milioni. Metà dell’occupazione andrebbe persa in dieci settori, tra i quali spicca la ristorazione, ma c’è anche la moda. Occorre prendere subito coscienza della realtà.

La stima del reddito pro-capite italiano in seguito alla crisi Covid indica -4.300 euro; dopo essere aumentato fino al 2007, il reddito reale medio degli italiani è tornato oggi ai livelli di fine anni ’80.

Sulla traiettoria su cui ci si è incamminati, si sarà destinati a far parte dei Paesi europei in ritardo di sviluppo quando invece nel 1990 l’Italia era nel gruppo di testa.

Per invertire la tendenza occorrono decisioni rapide, di visione lunga, e il più possibile valutate e condivise tra istituzioni, imprese e corpi sociali.

Rapide: perché più a lungo si resterà schiacciati sull’emergenza, meno tempo e risorse verranno dedicate alle misure strutturali per rilanciare PIL produttività che all’Italia necessitano.

Di visione lunga: perché per quanto ampi potranno essere indennizzi e sussidi alle attività sottoposte a chiusura, non corrispondono alla sferzata che è necessaria per imboccare una solida ripresa.

Maggiori investimenti pubblici ed elevati e strutturali incentivi all’investimento dei privati.

Condivise: perché le imprese, per propria missione, detengono il più elevato patrimonio di esperienza e conoscenza su ciò che serve davvero per sbloccare i colli di bottiglia accumulati in decenni contro lo sviluppo del Paese”.