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In scena un uomo comune, che dice la sua senza fronzoli e orpelli inutili, che si sofferma sulle persone comuni e la loro vita, storie attraverso le quali si ride delle debolezze e delle incoerenze. Venerdì 2 febbraio (alle 21) al Teatro Charlot, polo culturale di Pellezzano e luogo dell’intrattenimento della Valle dell’Irno, tocca a Dado in “Non vedo, non sento e straparlo”: uno spettacolo dove il protagonista rappresenta un uomo molto simile alle 3 scimmiette che come le prime due non vede e non sente ma, a differenza della terza, straparla.
Tra soliloqui a tratti velocissimi e mozzafiato che sembrano scioglilingua, Dado regala una carrellata di famosi cavalli di battaglia che lo hanno proiettato nel pantheon della comicità italiana.
SINOSSI – Se il comico, come quello interpretato da Chaplin, scivola volutamente sulla buccia di banana per permettere al pubblico di ridere di se stesso, Dado scivola su una realtà “banana” talmente esasperata e bizzarra da entrare in un conflitto di ruoli da non capire più se si sta ridendo per le battute comiche o per la realtà stessa. Con questo spettacolo Dado sale sul palco compiendo 50 anni, un traguardo che trasforma la performance in un “bilancio” inevitabile pieno di novità sorprendenti e divertenti. A cominciare dalla figlia che va al concerto di Ultimo, passando per il politicamente corretto, il sordomuto all’ufficio informazioni, gli annunci mortuari impensabili. E ancora: il figlio adolescente che ascolta la trap, il dialetto romano che toglie una “erre” alle parole dove ce ne sono due attaccate, un omaggio all’attore romano mai dimenticato Mario Brega (in occasione del centenario dalla nascita). infine anche un esperimento mai tentato prima, ovvero un coro gospel a servizio della comicità. Inevitabili i cavalli di battaglia che hanno fatto sì che Dado, nome d’arte di Gabriele Pellegrini, entrasse negli anni nei cuori bisognosi di ironia del pubblico che lo premia sempre con un affetto smisurato.
Fuori abbonamento il 17 febbraio, in collaborazione con DLive Media, il racconto televisivo neorealistico di Domenico Iannacone. Con “Che ci faccio qui – in scena”, il giornalista si cala nel teatro di narrazione e trasforma le sue inchieste in uno spazio intimo di riflessione e denuncia. Il palcoscenico diventa luogo fisico ideale per portare alla luce quello che la televisione non può comunicare.