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Finché c’è vita, c’è speranza. E’ in sintesi il pensiero di Raffaele Cielo, presidente onorario del Club Gens Samnites, in merito alla situazione attuale del Benevento. Ultima in classifica, la Strega ha cinque partite a disposizione per ribaltare uno scenario che la porterebbe a scivolare nell’inferno della serie C. “Non riesco a quantificare una probabilità di salvezza, quello che ho imparato nella vita e nello sport è che bisogna crederci fino all’ultimo istante“, è il pensiero di Raffaele, “non conta fare previsioni, invito tifosi, dirigenti e calciatori, a pensare che la salvezza sia possibile. Dobbiamo fare di tutto per raggiungerla. Vedo tanta rassegnazione in giro e non mi piace, non fa parte della mia mentalità. Soltanto chi non sogna non realizza i propri desideri“.

Un invito a non disperdere un patrimonio conquistato con sudore e fatica, atteso per 87 lunghi anni. Anche se “la città non è che abbia fatto molto per tenersi stretta la serie B. Ha accettato le regalie di Vigorito, i prezzi stracciati di abbonamenti e biglietti, ma la risposta non c’è stata. Allo stadio la gente continua a non venire, c’è solo lo zoccolo duro, i tifosi veri. Se dovessimo tornare in C, credo non verranno più di 2-3 mila persone allo stadio“.

A mancare, tuttavia, non è stato solo l’apporto del pubblico. Un’annata disastrosa non si può giustificare esclusivamente non le mancate presenze allo stadio. “Il tifo è una conseguenza, se la squadra va bene la gente va allo stadio“, ammette candidamente Raffaele, “il problema più grande riguarda la società e Vigorito ha fatto mea culpa, gesto lodevole da parte di una grande persona. Gli errori sono stati soprattutto suoi, ascolta tutti ma l’ultima parola deve essere sempre la sua. In perfetta buonafede, ha cambiato opinione più volte. Siamo partiti con l’idea di fare una squadra giovane che potesse mantenere la categoria e, a fine mercato, abbiamo stravolto comprando una serie di calciatori di una certa età e dubbie motivazioni“. 

Un progetto fallito prima ancora di nascere e certificato dai quattro avvicendamenti in panchina. “Caserta è stato confermato senza la piena convinzione, metterlo in discussione già dopo Genova ne è stata la prova. L’errore che ci ha condannato è stato chiamare Cannavaro, un grande calciatore ma come tecnico ha dimostrato di avere solo concezione di se stesso. Si è dimostrato un improvvisatore, anche nelle dichiarazioni verso i suoi giocatori. Non ha mai trovato il bandolo della matassa, è vero che gli infortuni hanno inciso ma si è trattato di sciagura vera e propria. Gli altri non hanno responsabilità. La media più alta resta quella del tanto vituperato Caserta, un buon allenatore, è sbagliato prendersela con lui“.

Errori a cui si sono aggiunte scelte non propriamente felici in merito al parco giocatori. “Tutti potevano dare di più, sono mancati tecnicamente e atleticamente soprattutto due leader: Letizia e Improta. Sul piano dell’impegno, la palma del peggiore va a Farias. Simy, ad esempio, l’impegno ce lo mette, si deve ritrovare“, è l’analisi del presidente del Gens Samnites, “la mia paura più grande è criticare tutti e poi vederli rifiorire altrove. Ci andrei piano con i giudizi, il monte ingaggi che abbiamo e testimonia l’importanza della rosa. E’ stata una stagione maldestra, in cui anche i singoli non si sono ritrovati. Ho visto spesso giocatori andare in campo con la paura“.

Prima di abdicare, però, c’è un finale di stagione da vivere per provare a raggiungere un traguardo complicato ma ancora possibile. “Abbiamo una serie di partite da giocare, dobbiamo cercare di vincerle tutte. A Palermo mi basterebbe vedere la stessa squadra ammirata contro la Reggina, senza la svista del var l’avremmo vinta quella gara“, conclude Raffaele, lanciando infine un appello, “voglio bene alla Curva Sud, è un piacere trovarli in trasferta, ma il momento della contestazione andrebbe riservato al novantacinquesimo. Noi del club abbiamo scelto di sostenere ognuno dei ragazzi, li fischieremo solo al termine della gara. Senza offendere e senza mettere mani addosso perché quello non è calcio“.