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Benevento – Il provvedimento di chiusura giunto all’indirizzo del centro sociale “E’ più bello insieme” di via Firenze manda su tutte le furie Don Nicola De Blasio. Il massimo esponente della Caritas Diocesana di Benevento si scaglia contro i dirigenti di Palazzo Mosti, rei a suo avviso di un’azione premeditata quanto ingiusta: “Se la Caritas dà fastidio a qualcuno, questo qualcuno deve avere il coraggio di dircelo in faccia. Sono disposto a incontrare queste persone, questi burocrati, ma devono avere le palle di dirci le cose come stanno”.

L’affondo arriva a margine del sit in di protesta a cui hanno preso parte tante delle 45 persone affette da varie disabilità che sono ospiti del centro del Rione Libertà e che dal 30 giugno dovranno forzatamente restare a casa. Un provvedimento, questo, che Don Nicola non riesce a digerire: “Noi non abbiamo alcuna intenzione di adeguarci alla deriva che il mondo politico sta prendendo. Per noi le persone non sono oggetti, non sono numeri su cui basarsi per ottenere tornaconti. Per noi le persone sono persone e basta, e queste persone sono ingiustamente maltrattate da un’azione che non ha alcun senso”. 

I destinatari dell’accusa sono ben precisi: “Mi riferisco ai dirigenti più che ai politici. Perché che il sindaco si chiami Fausto o Clemente la storia è stata sempre la stessa. Mi è stato sempre risposto che certi provvedimenti sono sanciti dai burocrati e che non sono decisioni politiche. Non so se sono frasi di circostanza o uno scaricabarile, ma mi verrebbe quasi lo sfizio di chiudere tutto, dalla cittadella della Caritas alle varie zone di accoglienza a migranti, anziani, persone bisognose. Forse la colpa è addirittura dei giornali che ci hanno più volte etichettato come un’entità che si sostituisce ai servizi sociali del Comune. Noi non vogliamo meriti, ma vorrei vedere se la Caritas smette di funzionare che piega prendono certe situazioni in questa città”. 

La situazione che ha portato alla revoca per il centro di via Firenze è effettivamente tutta da decifrare: “Il Comune sostiene che non si può andare avanti per mancanza di fondi provenienti dalla Regione e ci comunica di chiudere entro 30 aprile, poi troviamo un accordo per proseguire fino al 30 giugno in attesa che i fondi arrivino, ma nel frattempo, cosa strana, riceviamo la visita dei Nas. Una visita, teniamo a precisarlo, che non avevamo mai ricevuto in 17 anni di attività. Le tempistiche ci sembrano quantomeno ambigue. Nonostante i Nas non avessero riscontrato alcuna anomalia, la comunicazione di chiusura è arrivata ugualmente proprio in riferimento a fantomatiche imperfezioni evidenziate dai carabinieri. Se poi il problema è che l’associazione staziona qui senza alcun contratto di fitto, devono spiegarmi come mai i burocrati si attardano così tanto a metterne a punto uno che valga. Se non c’è un contratto non è colpa nostra, ma della burocrazia, di chi deve occuparsene. Allora io mi chiedo: a che gioco stiamo giocando?”