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Arienzo (Caserta) – Una villa di pregio del valore di 800mila euro è stata sequestrata ad Arienzo, nel Casertano, all’ex consigliere regionale campano dell’Udeur Nicola Ferraro, originario di Casal di Principe, condannato con sentenza passata in giudicato per concorso esterno in associazione camorristica, in quanto ritenuto imprenditore colluso con il clan dei Casalesi. In totale a Ferraro è stato al momento sequestrato un patrimonio di oltre 4 milioni di euro.

L’immobile, intestato alla moglie di Ferraro, è stato sequestrato nell’ambito di un’operazione congiunta della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza. Ferraro, che è attualmente libero dopo aver trascorso un periodo in carcere e poi ai domiciliari, ha sempre operato nel settore dei rifiuti; le indagini che lo hanno riguardato, hanno dimostrato che l’ex esponente Udeur ha utilizzato negli anni il suo vecchio legame, risalente all’inizio dei ’90, con i capi delle famiglie Schiavone e Bidognetti, sia per avvantaggiarsi nella sua carriera politica che per l’affermazione sul territorio della sua azienda, l’Ecocampania srl, ora fallita.

Ferraro, ha accertato il processo in cui è stato condannato, ha ricevuto sostegno elettorale dal clan in particolare nel 2005, quando fu eletto consigliere regionale nell’Udeur, diventando insieme all’ex presidente della Provincia di Caserta Sandro De Franciscis il referente politico nel Casertano del Campanile.

A Ferraro erano già stati sequestrati altri beni nel giugno scorso, ma le indagini della Polizia di Stato (Divisione di Polizia Anticrimine della Questura di Caserta) e della Finanza (Nucleo di Polizia Tributaria di Caserta) sul suo patrimonio sono continuate; è così emerso che la villa ubicata ad Arienzo, di oltre 400 metri quadrati, comprensiva di piscina nonché di un muro di cinta dell’altezza di 3 metri e di spessore di 50 centimetri, per una superficie totale di 2 km quadrati, sarebbe stata edificata tra il 1997 e il 1998 quando l’attuale moglie di Ferraro, allora già legata all’imprenditore da una relazione sentimentale, non poteva assolutamente disporre delle necessarie risorse finanziarie, che per l’accusa sarebbero state fornite dal suo compagno reinvestendo proventi dell’attività illecita.