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Caivano (Na) –  La Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha confermato l’ergastolo per Raimondo Caputo, riconosciuto colpevole dell’omicidio della piccola Fortuna Loffredo, la bimba di sei anni, che tutti chiamavano “Chicca”, morta il 24 giugno del 2014 dopo essere stata scaraventata dall’ottavo piano di un edificio del ‘Parco Verde’ di Caivano. Caputo, detto Titò, era accusato anche di aver abusato sessualmente della stessa Chicca e di due delle tre figlie minori della ex compagna, Mariana Fabozzi; per queste violenze il 44enne ha avuto 14 anni di carcere.

Per la Fabozzi, imputata per non aver impedito gli abusi sulle figlie, la Corte d’Appello ha inoltre confermato la condanna ricevuta in primo grado di 10 anni. I giudici napoletani hanno anche riconosciuto il diritto al risarcimento, dal liquidarsi in sede civile, per l’associazione Forza della Donna, costituitasi parte civile. “Giustizia è fatta” aveva gridato giusto un anno fa, piangendo, la mamma di Chicca, Mimma Guardato, alla lettura del dispositivo di primo grado; la donna si era anche lamentata per la solitudine provata a Parco Verde, dove nessun inquilino gli aveva manifestato solidarietà. Dodici mesi dopo però quelle parole trovano conferma nella decisione della Guardato di trasferirsi con i suoi due figli a Mantova. “Lascerà Caivano mercoledì – conferma il suo legale Gennaro Razzino proverà a cambiare vita dopo l’incubo vissuto”.

La vicenda di Chicca iniziò ad emergere con la sua morte, il 24 giugno 2014, a Parco Verde a Caivano, degradata periferia a nord di Napoli. Un volo di otto piani, lo schianto e i primi soccorsi, purtroppo inutili. La sua morte ricorda quella avvenuta appena l’anno prima, il 27 aprile 2013, di un altro bimbo di Parco Verde, Antonio Giglio, 4 anni, altro figlio della Fabozzi, precipitato dalla finestra dell’abitazione dei nonni materni e il cui decesso è considerato inizialmente un incidente. La morte di Chicca sembra seguire lo stesso copione, ma qualche giorno dopo, l’autopsia sul corpo della bimba, oltre a confermare che la morte è stata causata dalla caduta, accerta l’orrendo particolare che la piccola è stata più volte violentata. Nella relazione il medico parla di “abuso cronico”.

Si inizia a parlare di pedofilia, il pm di Napoli Nord Federico Bisceglia fa piazzare le microspie nello stabile dove viveva Chicca, ma pochi mesi dopo muore. L’indagine, complice anche l’omertà di alcuni inquilini del Parco, sembra segnare il passo, ma non è così. La prima svolta si ha nel novembre del 2015, con l’arresto di Raimondo Caputo e della compagna Marianna Fabozzi. Le tre figlie della donna sono portate in una casa famiglia. Iniziano a squarciare il muro di omertà eretto dagli adulti, ad accusare apertamente Caputo. “Lui la violentava, lei dava calci. Ho sentito il suo urlo”, è il racconto choc di quel 24 giugno. Una delle bimbe spiega che Chicca voleva resistere a Caputo. La bimba poi precipita dall’ottavo piano.

Il 29 aprile del 2016, c’è una seconda svolta: i carabinieri notificano al 44enne Titò, in quel momento detenuto, l’ordinanza del Gip di Napoli Nord con la contestazione di omicidio volontario e abusi sessuali su Fortuna. “Gli adulti ostacolavano le indagini, i piccoli hanno permesso una svolta”, dirà il pm Airoma. Ad incastrare Caputo anche i depistaggi e le dichiarazioni inventate al fine di sviare le indagini, e di cui sono protagonisti anche altri inquilini dello stabile, alcuni dei quali indagati tuttora per favoreggiamento.