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È un killer silenzioso, e ancor peggio snobbato. “Ogni giorno in Italia muoiono 137 persone, di cui 9 in Campania, in maniera diretta o indiretta, per le infezioni che si prendono in ambiente ospedaliero”.

La denuncia di un fenomeno sottovalutato è del medico legale Pasquale Mario Bacco, originario di Battipaglia. Parte da uno studio di ricerca, effettuato in tandem con l’avvocato napoletano Raffaele Di Monda. Il lavoro è diventato un libro, “Particelle cadaveriche – le infezioni ospedaliere uccidono” (Lemma Press). Bacco punta il dito contro la scarsa attenzione verso “la seconda causa di morte in Italia e nel mondo, secondo i dati dell’Oms, che fra 15 anni diventerà la prima”.

Le stime fornite dal medico sembrano perfino prudenziali. Il Rapporto Osservasalute 2018, diffuso nel luglio scorso, definiva le proporzioni di un boom. I decessi annuali sono passati dai 18.668 del 2003 ai 49.301 del 2016. “Ci sono strutture napoletane – afferma Bacco – dove ogni 10 pazienti post intervento chirurgico abbiamo 6 infetti”. Il quadro allarmante fa i conti con l’inefficacia dei rimedi. “Il problema è che non abbiamo farmaci – spiega Bacco -. Non esistono più antibiotici, negli ultimi 16 anni le case farmaceutiche ne hanno cacciati fuori solo due. Ce ne sono alcuni che, una volta usati 4-5 volte, non funzionano più”.

Il medico accusa tanti colleghi: “Abbiamo usato gli antibiotici in maniera schifosa, prescrivendoli per tutto, dal mal di testa al mal di gola, sviluppando all’interno del nostro organismo dei batteri ormai resistenti a tutto”.

In poche parole “abbiamo creato dei mostri”. Secondo Bacco “la copertura antibiotica è criminale. Quando c’è una infezione va fatto un tampone, che ti dice quale sia il batterio e quale sia l’antibiotico a cui è sensibile. L’antibiotico va preso solo quando abbiamo una febbre elevata, altrimenti non va preso mai”. Quanto alle case farmaceutiche, “non ci guadagnano niente”, visto che “un antibiotico ci mettono tre anni a farlo, costa un’ira di Dio, ogni persona lo prende 4-5 volte e poi si sviluppa una resistenza”.

Ma Bacco indica un altro presunto errore madornale. “La seconda cosa da fare – dice – è non andare in ospedale, se non quando si ha davvero bisogno. Purtroppo la medicina del territorio non esiste più, lo abbiamo visto col Covid”. Esemplifica: “Il batterio più grave si chiama Klebsiella pneumoniae, e ci si può infettare anche visitando un degente ospedaliero, mettendo una mano sul letto”. La vicenda ci sta sfuggendo di mano, come testimoniano le cifre in aumento vertiginoso. “Prima – avverte l’autore dello studio – si chiamavano infezioni ospedaliere perché si prendevano solo in ospedale, da un anno sono infezioni correlate all’assistenza, perché si prendono anche nell’ambulatorio del medico di famiglia”. Ma la complessità della questione è grande. Bacco racconta di un incontro, circa 3 anni fa, con il presidente della Regione. “Quando vedemmo De Luca – ricorda -, un medico in collegamento disse che, per superare questa cosa, avremmo dovuto abbattere i nostri ospedali: i batteri, a differenza dei virus, vivono senza l’uomo, e stanno anche negli intonaci”.

Per difenderci, il medico legale raccomanda quanto già dovremmo sapere. Ovvero “lavarsi le mani e mantenere il massimo della pulizia, tutto quello che ci ha insegnato il Covid”. E inoltre, “ogni medico dovrebbe portare sempre la mascherina quando si avvicina all’ammalato”. Un accorgimento raro.