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Salerno – Se in provincia di Salerno si potesse individuare un paese-simbolo di come, in termini di approccio logistico ai fenomeni di immigrazione, le cose dette e scritte non valgono alla prova dei fatti, questo potrebbe essere Felitto. Centro di circa mille abitanti, famoso per la sagra del fusillo e per le gole del Calore (per visitare le quali, però, ad agosto il Comune ha chiesto un euro a testa), allo spopolamento indigeno negli anni novanta ha opposto i numeri, non trascurabili, dell’immigrazione di ucraini, polacchi, rumeni, moldavi e bulgari. Gente che attraverso il lavoro della terra ed una pressoché omogenea e coerente caratterizzazione religiosa è riuscita ad integrarsi.

Poi sono iniziati gli sbarchi di decine di migliaia di migranti africani e asiatici, molti dei quali nella vicina Salerno; il Governo ha organizzato il modello Sprar affidandone la gestione alle Prefetture che, di conseguenza, hanno chiesto ai sindaci disponibilità all’accoglienza. La gran parte ha rifiutato. Tra coloro che hanno deciso di aprire invece le porte, quello di Felitto. Data la quota fissata dallo Sprar (2.5 migranti ogni 1.000 abitanti), sarebbe stata, tutto sommato, un’operazione sostenibile (massimo tre extracomunitari). Invece le cose sono andate diversamente. Gli sbarchi sono aumentati, la Prefettura spesso ha chiamato ed i numeri sono saltati. Ma il paese è piccolo e la gente mormora… “Ce li abbiamo sotto casa”, dicono alcuni residenti. “E’ come un’invasione: li hanno sistemati nella vecchia scuola media ed in qualche abitazione vuota in pieno centro storico e, i minorenni, nella casa per anziani. Altri sono in una struttura più a valle”. Parlano di uomini, donne e minori: numeri incerti ma con base sicura: “ne abbiamo contati circa 20”, chiariscono. “Stanno riempiendo il paese. Quelli che abbiamo visto sono tutti in carne e ottimamente vestiti”.