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“Così è stata cancellata per sempre l’esistenza di 29 vittime, di 11 superstiti e dei loro familiari”. Sono parole di delusione e dolore, a poche ore dalla sentenza sulla tragedia di Rigopiano, quelle di Camillo Graziano, avvocato cassazionista e legale della famiglia di Stefano Feniello, il giovane 28enne originario di Valva, deceduto, con altre 28 persone, sotto le macerie del resort Rigopiano, di Farindola, travolto da una slavina il 18 gennaio 2017.

Sentenza che è giunta ieri pomeriggio, dopo anni di processo, e che ha visto il Gup del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, disporre l’assoluzione perché – “il fatto non sussiste” per 25 dei 30 imputati che rispondevano, vario titolo, dei reati di omicidio colposo plurimo, disastro colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi, e per i quali i Pubblici Ministeri della Procura di Pescara avevano chiesto condanne esemplari per un totale di 150 anni. Richieste, che hanno visto il Gup rigettare le proposte formulate dai Pm, predisponendo l’assoluzione di 25 imputati tra cui l’ex Prefetto di Pescara, Francesco Provolo e l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco e condannare a 2 anni e 8 mesi il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, 6 mesi per l’imprenditore e gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso, 6 mesi per il tecnico Giuseppe Gatto, e i funzionari della Provincia, Paolo D’Indecco condannato a 3 anni e 4 mesi e Mauro Di Blasio condannato, anche lui, a 3 anni e 4 mesi. Una sentenza di assoluzione che è giunta come una “doccia fredda” per i familiari delle vittime e i loro legali che chiedevano giustizia con condanne esemplari e che al momento della lettura del dispositivo da parte del giudice, ha provocato momenti di tensione e caos tra le urla disperate e di rabbia dei familiari delle vittime e dei superstiti contro la decisione del giudice.

“Assassini. Li avete uccisi per la seconda volta, vergogna! – ha urlato al giudice Alessio, il papà di Stefano Feniello. – Questa sentenza ci ha massacrato, dov’è la giustizia? di chi è la colpa?”, ha tuonato Feniello in aula. E alle lacrime di dolore e le urla di rabbia della famiglia Feniello, papà Alessio, mamma Maria e il fratello di Stefano, Andrea, che ieri, insieme alle altre famiglie, hanno assistito in aula alla lettura del dispositivo della sentenza, non è mancata nemmeno la rabbia del legale della famiglia Feniello, l’avvocato Camillo Graziano che al nostro microfono ha spiegato come – “il giudice ha ritenuto che la valanga fosse un evento naturale e imprevedibile e che la gente che si trovava in hotel è morta a Rigopiano perché si trovava nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. È assurdo tutto questo-tuona il legale Graziano, che spiega, con il volto scosso e con gli occhi gonfi di lacrime- sono deluso, arrabbiato e incredulo da quanto deciso dalla sentenza. In questo modo- dice il legale-è stata cancellata la vita di 29 persone e delle loro famiglie che cercavano verità e giustizia e che invece, non è stata fatta. In questa immane tragedia- aggiunge l’avvocato Graziano- la famiglia Feniello ne esce sconfitta ben tre volte: dalla sentenza che dice che è la colpa dei morti è da attribuirsi alla caduta della valanga, dalla comunicazione dell’inserimento del nome di Stefano nell’elenco dei superstiti salvo scoprire che era stato un errore e senza che nessuno lo abbia mai smentito, e che il figlio Stefano è morto perché poteva prenotare in un’altra struttura invece che a Rigopiano dove trascorrere una due giorni di vacanza con la fidanzata. Credevo in questo processo-chiosa amareggiato e indignato il legale, che aggiunge-ora attendiamo le motivazioni ma questa sentenza non restituisce giustizia a chi ha perso la vita per negligenza altrui in una tragedia che si poteva evitare”.

Una sentenza che per papà Alessio, mamma Maria e Andrea, il fratello di Stefano che negli ultimi 5 giorni ha percorso in bici oltre 500km in una maratona simbolica indossando un giubbotto con lo slogan “Verona-Rigopiano, solo andata. Perché Stefano non è mai tornato” per chiedere giustizia per le vittime del resort, partendo dalla sua abitazione di Verona per raggiungere ieri mattina Rigopiano dove ha deposto un fascio di 29 rose e pregato sulle macerie dell’hotel per poi, recarsi in tribunale e attendere con i genitori la sentenza, che ora ha il sapore di una beffa da parte dello stesso Stato a cui la famiglia Feniello aveva chiesto e sperato fosse fatta giustizia.