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Benevento – Il fuoco cova sotto la cenere. E’ evidente. E’ bastata la prima amarezza stagionale per far saltare i nervi al nuovo (vecchio) Benevento. Se la Coppa Italia era solo un banco di prova, il ko in campionato contro un Cosenza battagliero e poco altro ha avuto l’effetto di una mazzata. Una botta inaspettata per una squadra ridimensionata, ma non propriamente consapevole di essere così indietro e in ritardo sulla tabella di marcia.

Una situazione che ha diversi colpevoli, perché non tutto si può giustificare con una condizione da affinare e con i nuovi da inserire. Ieri sera in campo c’erano dieci undicesimi della vecchia stagione, con il solo Karic a fare da “guastatore“. Giocatori che avrebbero dovuto assimilare da tempo idee e richieste del loro tecnico e che, invece, sono durati mezz’ora, incapaci poi di trovare un piano alternativo per scardinare le resistenze di un Cosenza che lotterà per salvarsi in questo campionato di serie B.

Un primo elemento che stride con le parole di Oreste Vigorito. Il numero uno giallorosso ha parlato a fine partita e ha tenuto a rapporto la squadra, dichiarando che “paghiamo lo scotto di una squadra rivoluzionata“. La sensazione, piuttosto, è che la Strega paghi l’incertezza e il ridimensionamento subito. Diversi giocatori hanno sposato il progetto e sono rimasti, non solo per la sicurezza economica di cui va dato atto al magnate dell’eolico, con l’ambizione di lottare per qualcosa di importante, ritrovandosi agli albori di un nuovo progetto triennale. Le dichiarazioni della dirigenza, alle quali si è allineato anche Caserta nella conferenza stampa pre Cosenza, non hanno certo fatto compiere salti di gioia nello spogliatoio.

Dichiarazioni che si sono tramutate in fatti, perché il calciomercato dei sanniti è una sorta di lenta agonia. A Ferragosto c’è ancora incertezza su quali calciatori debbano fare o meno parte dell’organico. Persa gente d’esperienza, il risultato è stato quello ammirato sul prato del “Ciro Vigorito“, con Caserta a invocare, poi, la necessità di personalità. La personalità, però, non si allena, è qualcosa di naturale o si acquisisce nel tempo. Un deficit di non poco conto per una Strega che ha messo nel motore giovani come Karic, Koutsoupias, El Kaouakibi e Capellini, 69 presenze in quattro tra i cadetti prima di questa stagione (44 solo del greco e 25 dell’italo-marocchino, tutte con il Pordenone con cui è retrocesso).

Giovani di prospettiva e, soprattutto, di proprietà. Una scelta, in parte, autolesionista. Se una società vuole ridurre i costi, non può certo privarsi di una fetta importante di mercato come quella dei prestiti. Bisogna accettare che un giovane “importante“, nell’orbita di una grande squadra, possa venire a Benevento ed essere solo di passaggio. Fattori che Caserta ha avuto il torto di avallare, perché alla fine è sempre l’allenatore a rimetterci, nonostante il mercato sia di competenza del direttore sportivo. 

Una Strega, insomma, che si è subito voluta prendere la scena, già dal mese di agosto. Mentre le altre sono in rodaggio, nel Sannio è già tempo di processi. Può sembrare prematuro, ma i campanelli d’allarme sono tanti e spaventano, come spaventa un calendario che adesso vedrà i giallorossi confrontarsi con Genoa, Frosinone, Venezia e Cagliari, avversari di ben altro spessore rispetto al Cosenza.

Caserta confida nel lavoro, come ripetuto anche nel post partita, ma la sua squadra sembra avere piuttosto un problema mentale. Sembrano mancare stimoli e convinzione, caratteristiche fondamentali quando anche il gioco latita e si avverte mancanza di qualità. Quella che ha mostrato a tratti Diego Farias, tirato fuori dalla mischia nel momento migliore, a discapito di scelte discutibili fatte in corso d’opera. Serve resettare tutto in fretta, il tempo gioca a favore della Strega e davanti ci sono ancora due settimane di mercato. Quindici giorni per capire cosa voler “essere da grandi“. Nel frattempo, stando a proclami e sensazioni, il Benevento ha di fatto perso il suo primo scontro diretto per la salvezza.