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Il 17 novembre Clemente Mastella firmava l’ordinanza che disponeva il divieto di utilizzo dell’acqua potabile per una fetta consistente della Città. Trascorsi trenta giorni, la questione arriva all’attenzione del Consiglio.

Lo fa su sollecitazione dell’opposizione, oggi in aula a ranghi ridotti per le tante assenze annunciate. Come si ricorderà, era stata chiesta una diversa calendarizzazione dei lavori, istanza bocciata dal presidente Renato Parente (leggi qui). Dato stigmatizzato con veemenza nelle sue conclusioni dal vicesindaco Francesco De Pierro (“prima scrivono al Prefetto e poi chiedono il rinvio”). Ai presenti, dunque, il compito di fare da controcanto alla relazione dell’assessore all’Ambiente Alessandro Rosa. Parla a lungo l’esponente della giunta di palazzo Mosti, ripercorrendo le tappe della vicenda e ribadendo un concetto su cui di recente più volte si è soffermato lo stesso sindaco: “L’acqua è sempre stata potabile”.

Assunto non condiviso dalle minoranze che seppur in inferiorità numerica (ancor di più rispetto al solito) non rinunciano allo scontro dialettico. Ad aprire le danze, per Civico22, è Giovanna Megna: “Nel report della Gesesa, ripreso dall’amministrazione, c’è un buco di due giorni che inizia il 15 novembre, giorno in cui gli esami effettuati nei laboratori Arpac fanno registrare una concentrazione di tetracloroetilene nei pozzi di Pezzapiana pari a 189 milligrammi al litro, di gran lunga superiore alla soglia di potabilità fissata dalla legge a 10 µg/l. Nessuno, allora, se non in possesso di dati diversi, può affermare con cognizione di causa che nel lasso di tempo trascorso dal 15 al 17 novembre (giorno dell’ordinanza) l’acqua fosse potabile”.

Di inerzia amministrativa parla invece Rosetta De Stasio, unica rappresentante di “Prima Benevento”. “Non è responsabilità del sindaco la contaminazione dei pozzi ma è responsabilità del sindaco non aver fatto nulla – fino al giorno dell’ordinanza – per porre rimedio a una situazione nota a tutti e da tempo”. Il riferimento, qui, è ai ritardi per il Piano di Caratterizzazione delle acque: “A giugno, – spiega la De Stasio – il dirigente competente affermava che a bloccare il progetto era la mancanza di 70mila euro. Possibile che quei soldi si siano trovati per tante altre esigenze e non per una questione così importante?”.

L’arringa finale è del piddino Giovanni De Lorenzo: “Questa riunione si tiene in ritardo rispetto alle tempistiche previste dal Tuel. Un’attesa motivata dal sindaco con la necessità di attendere le valutazioni dell’Università degli Studi del Sannio. Ma ancora oggi queste valutazioni non ci sono. E dunque non è cambiato nulla rispetto a venti giorni fa. E l’interrogativo resta: come è possibile che non si sia fatto nulla per evitare che al 60% dei beneventani fosse erogata acqua di qualità diversa rispetto alla parte alta della Città”. Assente Mastella, impegnato in una call di lavoro con la Regione proprio sul Piano di Caratterizzazione, a tirare le fila della discussione è il suo vice De Pierro. E se Alessandro Rosa, nella sua replica, aveva optato per un profilo più squisitamente istituzionale, De Pierro sceglie di alzare i toni: “Noi siamo i primi a chiedere chiarezza e verità. Ma le strumentalizzazioni non le accettiamo perché creano confusione e determinano un’offesa per la Città. Cosa devono pensare i nostri imprenditori quando sulla stampa nazionale esce la polemica perché a Benevento è servita acqua non potabile? Comprendo le logiche della dialettica politica ma occorrono serietà e responsabilità”.

E per chiudere, un messaggio sibillino: “Ciascuno di noi si è fatto un’idea su cosa sia realmente successo. Ma ci sono accertamenti in corso, anche da parte della magistratura inquirente ed è doveroso attenderne gli esiti. Dovesse però emergere che qualcuno ha sbagliato, dovrà assumersi le conseguenze del suo errore”.

Prima ancora del ‘caso acqua’, a monopolizzare buona parte dei lavori del Consiglio era stata la delibera contente le linee guida del nuovo Piano Urbanistico Comunale (qui il commento dell’assessore Molly Chiusolo al voto favorevole espresso dall’Aula).