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Gasp! Quanta sintesi in un’abbreviazione. La sua Atalanta fa paura, ma è niente in confronto al ricordo di un incubo. 6 Giugno 2004, semifinale play off per la B. Il Benevento, reduce dalla vittoria nella gara di andata nel Sannio (1-0, gol di Pellicori), vola a Crotone per prendersi il pass che vale la finalissima. In uno Scida infuocato berrà l’amaro (meglio, avvelenato) calice della sconfitta. Alla marcatura iniziale di Molino – illusoria – rispondono una doppietta di Porchia e il gol definitivo di Galardo. Tre a uno, eliminazione, rimpianti per un arbitraggio ombroso, mai chiarito. 

Proprio mentre nella valle che attornia la Dormiente era tale lo sconforto, sulla panchina del Crotone si faceva strada un ghigno. Gian Piero Gasperini era felice, e ci mancherebbe. I suoi avevano vinto una finale anticipata. Quella vera, contro la Viterbese sarebbe stata a quel punto una pura formalità. Lui e il Benevento da quel giorno si sono incrociati altre due volte – con altrettante sconfitte giallorosse, nel campionato di serie A 2017/2018: 1-0 a Bergamo (gol di Cristante), 3-0 in Campania (0-3, Freuler, Barrow, Gomez) – ma nulla in confronto a un’immagine che ancora ferisce.

Un sussulto caricaturale, onomatopeico, che oggi riguarda in prima battuta la Dea: Gasp!. Quando è in giornata l’armata nerazzurra non fa sconti a nessuno. Le acredini tra il tecnico e Gomez, campione da cui sembravano dipendere le sorti del progetto, non l’hanno ridimensionata. Anzi, è un bel vedere. Parma e Sassuolo ne sanno qualcosa, sgretolate rapidamente negli ultimi turni. Da qui lo slancio ulteriore in vista della gara con il Benevento, avversario a cui Gasperini potrà contrapporre un gruppo sulle ali dell’entusiasmo. Recuperato Toloi e detto di un Muriel a mezzo servizio, in infermeria resta il solo Pasalic. Il ventaglio di scelte è abbondante, il momento è particolarmente fruttuoso, ne consegue che a Superpippo occorrerà l’ennesima impresa. 

Certo, da quest’altro lato la spinta morale non è da meno. La vittoria di Cagliari permette di avvicinare l’impegno con la tipica serenità di un ragazzo che ha voglia di emergere e stupire. Quella che tre anni fa caratterizzò il nerazzurro Djimsiti, che seppe trarre il meglio per sé dalla sventurata stagione giallorossa. O quella di un giovane Inzaghi, che a 23 anni spiccò il volo partendo proprio da un grande risultato personale nelle vesti di attaccante della Dea. Stagione ’96/’97, 24 gol in 33 presenze e trono dei bomber in serie A. Il Benevento nel frattempo stava perdendo un altro play off, contro la Turris, al Partenio di Avellino. E quanti ne avrebbe persi ancora prima di arrivare qui, a ridere di gusto al tavolo dei grandi.