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Si sarebbe potuto smaltire in appena quattro anni il percolato presente nella discarica del quartiere Pianura di Napoli, nei decenni passati al centro di innumerevoli e aspre polemiche, se l’azienda delegata avesse rispettato le disposizioni prefettizie del 30 gennaio 1996. E, invece, quel liquido nauseabondo, che si forma a causa delle infiltrazioni d’acqua nella massa dei rifiuti è ancora presente ed ha creato gravi danni. La Procura di Napoli ha chiesto e ottenuto dal gip Maria Luisa Miranda il sequestro della discaria gestita dalla società Di.Fra.Bi., un’area a cavallo tra Napoli e la vicina Pozzuoli. Il provvedimento è stato notificato dai carabinieri del Noe. Le persone iscritte nel registro degli indagati sono l’amministratore unico della società che ha ricoperto l’incarico tra il 10 giugno 1996 e il 26 luglio 2004, colui che ha assunto la stessa carica dal 12 marzo 2018 ad oggi e il liquidatore e procuratore (che ha svolto entrambe le funzioni dal 4 luglio 2011 al 15 giugno 2016). I reati contestati, a vario titolo, sono omessa bonifica e inquinamento e disastro ambientale.

La mancata bonifica avrebbe determinato “pericolo di inquinamento ambientale” e “di contaminazione delle colture che saranno poi ingerite dall’essere umano divenendo causa dell’insorgere di malattie gravi…”. A rilevarlo è il gip di Napoli nel decreto con il quale ha disposto il sequestro della discarica Di.Fra., che si trova nel quartiere periferico Pianura di Napoli. Le indagini della Procura e dei Carabinieri del Noe sul corretto smaltimento dei rifiuti hanno riguardato l’ex sito di interesse nazionale di Pianura (attualmente sito di interesse regionale), un’area che si trova a cavallo tra Napoli e Pozzuoli e che ospita cinque discariche. Gli accertamenti, che si sono svolti anche attraverso specifiche perizie, hanno evidenziato contaminazioni dell’acqua, per esempio, a valle della discarica Di.Fra.Bi (una delle cinque presenti) in misura tale da determinare un’alterazione della qualità dell’ecosistema locale. Una modificazione generata dal percolato presente negli invasi che non era stato correttamente smaltito. Da una consulenza stilata il 4 marzo scorso è anche emerso che la quantità di percolato generata dal 1988 e destinata allo smaltimento sarebbe stata pari a 985.500 tonnellate. Per lo smaltimento si sarebbe dovuto affrontare una spesa complessiva di 19,7 milioni di euro (se si calcola 20 euro a tonnellata) mai affrontata dalla società Di.Fra.Bi. successivamente diventata Elektrica. La discarica sequestrata, chiusa definitivamente nel gennaio del 2001, secondo gli inquirenti avrebbe accolto diverse e pericolose tipologie di rifiuti, tra i quali fanghi industriali, scarti ospedalieri (anche provenienti da reparti infettivi) e solventi quantificati in milioni di tonnellate. Anche il sistema di trattamento locale è finito sotto accusa in quanto condotto con modalità mai autorizzate. Per gli inquirenti, e anche per il giudice che ha disposto il sequestro, inoltre, il biogas frutto della fermentazione dei rifiuti sarebbe stato venduto a diverse aziende le quali, a loro volta, lo hanno utilizzato per produrre energia elettrica. In sostanza, secondo gli inquirenti, la ex Di.Fra.Bi. avrebbe scelto di non smaltire il percolato per risparmiare soldi e utilizzandone poi il biogas che si generava per trarne profitto, a discapito dei danni all’ambiente (falde acquifere e sottosuolo compresi) e all’essere umano esposto all’insorgenza di gravi patologie. Il giudice ha disposto che i tre indagati debbano provvedere ora alla messa in sicurezza sotto il controllo del Noe.