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Ha voglia Vincenzo De Luca a sbraitare contro il riparto di fondi nella sanità, dove la Campania ha meno risorse di altri. “Non riusciamo a trovare una singola azione che possa distinguerlo dal governo Meloni” dice Federico Dolce, portavoce nazionale di Mera 25. È lo strumento politico di DiEM25, movimento progressista fondato 7 anni fa, tra gli altri, dall’ex ministro greco Gianīs Varoufakīs. Ha circa 100.000 aderenti in Europa, 10.000 in Italia. “Il nostro segno distintivo – spiega il portavoce – è la transnazionalità, i problemi che pensiamo locali se affrontati in chiave europea assumono tutta un’altra lettura, sia in termini di cause che di soluzioni”. In Campania e a Napoli il referente è Renato Votta. Lavoro, transizione energetica e sanità sono focus primari.

Ieri Mera 25 ha aderito al presidio in difesa della sanità pubblica, promosso da varie sigle, davanti all’ospedale San Gennaro al Rione Sanità. “De Luca ha appena fatto delle dichiarazioni molto forti ma – sostiene Dolce – in realtà continua ad essere un contraltare compiacente a questa tattica che continua da decenni. Non ha fatto nulla, se non continuare lo sfacelo che c’era prima e che verrà dopo“. Secondo Mera 25 “è inutile dire che manca il personale medico se poi non si mettono bandi e si chiudono presidi locali, che sono vitali per la medicina territoriale, quella che più tratta le cronicità e quindi la quotidianità dei cittadini“. Insomma, “quando i nodi vengono al pettine si gioca a fare il grande capopopolo che si batte contro i mulini a vento, ma nella realtà dei fatti ognuno sta continuando a fare la propria parte – chi al governo nazionale chi alla regione – perché questo sistema continui ad andare in questo modo, e la sanità venga distrutta”. La conclusione di Dolce: “Non c’è colore politico che tenga, centrodestra e centrosinistra hanno continuato a fare la stessa identica cosa”.
Ovvero, secondo lui, “un progetto di smantellamento delle risorse e delle strutture a disposizione dei cittadini. Le liste d’attesa interminabili sono una diretta conseguenza della chiusura e del depotenziamento delle strutture locali”. Prima conseguenza è una fuga dei “cittadini dal sistema sanitario regionale o verso il privato o verso altri sistemi sanitari regionali che ancora resistono, ma che sono destinati a fare la stessa fine, con questo sistema di cose”. Sono segnali. Dolce le vede come “tappe di un percorso che, sul lungo, ci porterà a perdere un tesoro che fa parte delle vite quotidiane dei nostri cittadini, che devono rivolgersi alla sanità pubblica per poter sopravvivere. Stiamo operando un disastro senza rendercene conto”.

E anche qui torna la proiezione continentale dei “Varoufakis italiani”. “Dal Nord Europa c’è un atteggiamento verso il Sud dell’Europa di trarre risorse e sfruttare il più possibile il rapporto di forza sbilanciato – argomenta il portavoce -, uguale alle dinamiche interne al paese tra settentrione e meridione”. La denuncia di fondo: “C’è un disegno strutturale per continuare a lasciare le regioni del meridione senza strutture, senza possibilità di futuro per continuare a trarne capitale umano e in termini di sfruttamento e di non proliferazione di crescita e benessere“. Le statistiche restano impietose.