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Salerno – Ci vanno giù duro Antonio D’Alessio, Leonardo Gallo, Corrado Naddeo (di Azione, foto in alto), Nico Mazzeo e Donato Pessolano (di Italia Viva, foto a lato) e Giuseppe Ventura (Davvero Verdi, foto in basso).

I sei consiglieri, nel comunicare le rispettive “furiuscite dalla maggioranza al Governo della città”, si rifanno a concetti gravi quali il “fallimento politico del progetto amministrativo nato con le elezioni del 2016”; il ruolo ridotto ad un “mero dettato politico da eseguire”; il “metodo gestionale non inclusivo” descrivendo se stessi come “consiglieri comunali esautorati di ogni potere”.    

Antonio D’Alessio, Leonardo Gallo, Corrado Naddeo, Nico Mazzeo, Donato Pessolano e Giuseppe Ventura, nella ‘lettera ai salernitani’, scrivono: “Per chiarezza estrema verso gli elettori e l’intera città di Salerno abbiamo deciso di prendere le distanze dall’attuale maggioranza, al termine di un percorso doloroso quanto inevitabile. Con questa decisione si sancisce de facto il ‘fallimento’ politico del progetto amministrativo nato con le elezioni del 2016, che  sulla carta avrebbe dovuto coinvolgere in modo attivo tutti i consiglieri eletti, ma che in realtà si è ben presto trasformato in un mero dettato politico da eseguire senza poter contribuire affatto alla crescita ed al benessere della collettività salernitana”.

Nello specifico: “La consiliatura iniziata nel 2016 ci ha visti convinti di poter offrire il nostro contributo – in modo personale ed originale – ad una esperienza amministrativa che, per molti anni, ha soddisfatto pienamente i salernitani. Lo abbiamo fatto in buona fede, certi delle promesse elettorali del Sindaco Napoli, che abbiamo finora sostenuto rinnovandogli di continuo la nostra fiducia. Oggi, con amarezza e dopo ripetute delusioni, dobbiamo riscontrare da parte di chi avevamo sostenuto con entusiasmo, un metodo diametralmente opposto rispetto a quanto ci era stato prefigurato, metodo che di fatto relega in un angolo tutte le energie e le risorse di chi vuole contribuire a scrivere la Salerno del futuro. Nel corso di questi anni ci siamo resi conto dell’assoluta inutilità di produrre iniziative di approfondimento e comprensione delle decisioni strategiche, finalizzate unicamente a tutelare gli interessi pubblici. Un metodo gestionale non inclusivo che ha mortificato tutti noi e che pesa in modo evidente sull’intera comunità”.

Ciò che ha determinato la ‘frattura’ politica sarebbe stato in buona sostanza “il tentativo di costringere il consigliere comunale a svolgere un ruolo assolutamente marginale nei percorsi decisionali di Palazzo di Città, con il principale – se non unico – compito di approvare le azioni della Civica amministrazione con la ratifica in consiglio comunale”. In pratica i consiglieri comunali “sono stati esautorati di ogni potere, venendo meno ai principi naturali della vita democratica vigente in questo Paese”.

Spiegano: “Si è assistito all’abolizione del Difensore civico ed a numerose decisioni come le questioni di sicurezza del viadotto Gatto, lo spostamento del capolinea Busitalia da via Ligea a via Vinciprova, tutte  ‘imposte’ dalla giunta Napoli, contro il volere di tutti gli abitanti delle zone interessate e di buona parte dei Consiglieri stessi. Fino ad arrivare alle recenti polemiche in merito al restyling di Piazza Alario, con ricorso al Prefetto, al fine di inserire l’argomento all’ordine del giorno del consiglio comunale di domani.

Siamo arrivati a questa decisione consci che ogni nostro sforzo nel voler contribuire alle decisioni pubbliche è stato considerato inutile e addirittura dannoso. Abbiamo più volte sottolineato in consiglio comunale tutte le nostre perplessità su argomenti di grande rilevanza per la collettività come le spese per l’igiene pubblica (30 milioni di euro con risultati deludenti), la sicurezza dei quartieri (con la città praticamente abbandonata dal tramonto in poi), l’utilizzo dei fondi pubblici per associazioni, assegni di cura e contributi abitativi (per cui occorrerebbe massima attenzione), la gestione delle società partecipate, i costi della stagione del teatro Verdi, la rivisitazione dell’evento Luci d’Artista, la mancata inaugurazione dell’Auditorium ed infine la vicenda delle cooperative sociali e della manutenzione del verde pubblico (questione delicatissima per la quale non abbiamo ricevuto alcun ascolto e che oggi è addirittura oggetto di indagini da parte della Procura della Repubblica). La città e la sua gente meritano di tornare ad una gestione della cosa pubblica basata sull’esercizio democratico, dove al centro ci siano il cittadino e le sue esigenze quotidiane. Vogliamo andare oltre, proponendo un nuovo metodo di Governo: partecipato, plurale e inclusivo, per scrivere insieme le pagine di un nuovo libro chiamato Salerno”.

Queste sei fuoriuscite avranno la potenzialità di rimettere in discussione le decisioni assunte al tavolo (formalmente unitario) del centro sinistra e relative, anche, alla ricandidatura di Napoli?