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Alto e Medio Sele – Quarantadue anni fa, la sera del 23 novembre 1980, dalle viscere della terra che cominciò a sgretolarsi si elevò un boato a cui seguì una forte scossa di terremoto di magnitudo 6.9 che in poco più di un minuto, devastò e rase al suolo decine di comuni siti tra l’Irpinia e il cratere salernitano, provocando oltre 10mila feriti, 280 sfollati e circa 3mila morti. Quel terribile terremoto, con epicentro nell’Alta Valle del Sele, che distrusse decine di comuni siti tra la Campania e la Basilicata, segnò per sempre la vita degli abitanti, in un periodo che la politica e i sopravvissuti definirono “pre” e “post” sisma 1980.
Da quella tragedia umana, sociale ed economica, che nei comuni devastati dal terremoto vide i soccorsi giungere con ritardo e lentezza solo nei giorni seguenti il sisma con l’arrivo di squadre di vigili del fuoco, medici volontari, militari dell’esercito italiano che operavano nella caserma di Persano e soprattutto di migliaia di cittadini che da tutto il mondo si attivarono come volontari per prestare soccorso e aiuto alle popolazioni devastate dalla furia del terremoto, mentre i superstiti scavavano a mani nude per tirare fuori dalle macerie i corpi dei vivi e dei morti, emerse tutta l’arretratezza del Mezzogiorno rispetto all’assenza di gestione delle emergenze.
Fu proprio quella fallimentare gestione dell’emergenza terremoto in Irpinia infatti, a gettare le basi giuridiche dell’attuale e moderna Protezione Civile. Ritardi nei soccorsi che fecero infuriare anche l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che si recò in elicottero suoi luoghi della tragedia e al suo rientro a Roma, in un discorso agli italiani in tv, denunciò il ritardo e le inadempienze nei soccorsi.
Il terremoto però, vide anche lo Stato attivarsi subito con l’erogazione di fondi pubblici grazie all’emanazione della Legge 219 del 1981 e la Legge 32 del 1992 che stanziarono fondi a pioggia per la ricostruzione del tessuto economico, urbano e sociale del Mezzogiorno d’Italia devastato dalla furia del sisma. Ricostruzione che fu interessata da continue inchieste giudiziarie e ritardi fino ad oggi, che a 42 anni dal terremoto, in molti comuni campani la ricostruzione delle opere di edilizia pubblica e privata sono ancora a metà.
Fondi ministeriali, residui mancanti per il completamento definitivo, assegnati con delibera Cipe dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel 2012 per un valore di 73milioni di euro destinati complessivamente a tutti i comuni campani, di cui oltre 35milioni di euro destinati ai soli comuni della provincia di Salerno, giacenti e bloccati sulla contabilità speciale presso le tesorerie dello Stato.
Per mettere fine alla ricostruzione delle opere di edilizia pubblica e privata in campana, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, qualche anno fa nominò un pool di sindaci e tecnici facenti parte del Comitato della Ricostruzione che hanno stilato una lista di Comuni elencando il rispettivo fabbisogno di risorse per la chiusura dello spinoso capitolo dei residui fondi della ricostruzione . Comitato che si è riunito nuovamente nei giorni scorsi, in Irpinia, e che vedrà nelle prossime settimane, creare un’associazioni di sindaci e amministratori della Ricostruzione che avvierà una serie di azioni per incontrare e interloquire con il Governo presieduto dalla Premier, Giorgia Meloni, chiedendo lo sblocco e quindi, l’elargizione dei fondi giacenti presso le tesorerie ai Comuni in vista dell’approvazione della Legge finanziaria 2023.
E mentre il capitolo ricostruzione resta infinito, nei paesi del cratere salernitano devastati dalla furia del sisma, in cui i morti furono centinaia come quello di Laviano che registrò 303 morti, i sindaci, come ogni anno, da 42 anni, hanno proclamato per tutta la giornata di oggi il lutto cittadino con messe, preghiere al cimitero dove furono sepolti i morti del terremoto e deposizioni di corone di alloro e ceri dinanzi a statue che ricordano le vittime del sisma e tombe. Uno spazio, quello della memoria dei sopravvissuti e delle giovani generazioni, per ricordare chi in quella tragica notte di 42 anni fa perse la vita, i volontari che aiutarono le popolazioni locali e chi, superstite al terremoto, da quel giorno diventò volontario.