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Benevento – “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Nella notte insonne di Inzaghi, quella della vigilia, il subconscio deve aver fatto voli pindarici. Le scelte le aveva già compiute, di questo siamo abbastanza certi, ma le convinzioni te le porta solo lo scorrere del tempo. Quelle messe in mostra contro il Crotone, nello scontro diretto del Ciro Vigorito, possono essere riassunte nella citazione tratta dal ‘Gattopardo’, un testo di riferimento sempre attuale. 

Cambiare tutto, o quasi. Gli uomini, ad esempio, e la loro disposizione in campo. Mandare per un attimo in archivio il 4-4-2 non è stata una scelta fatta a cuor leggero. Da una parte il modulo che ha accompagnato la cavalcata delle prime giornate di campionato, dall’altra l’azzardo senza lo stralcio di una controprova preliminare. E’ andata bene, anzi benissimo. Perché il Benevento ha letto la gara in modo perfetto fin dal principio, affidandosi agli inserimenti delle punte alle spalle dei difensori e alla verticalità, armi preziose da sfoderare contro chi fa del palleggio nella metà campo avversaria il suo mantra. 

Ottima squadra, il Crotone. C’è ragione di credere che sarà lì a lottare fino in fondo per un posto in paradiso. La solidità del Benevento è però al momento qualcosa di difficilmente eguagliabile. Non basta agli avversari il 70% del possesso palla; non servono 468 passaggi riusciti, un’infinità. Quattrocentosessantotto contro centoquarantotto, per la precisione. Più del triplo di quelli della Strega, ma zero gol contro due. Non è la prima volta che accade,  non può essere casualità, è una statistica ribelle. Rivoluzionaria. 

Tornando al modulo, la lettura è stata ai limiti della perfezione. Che poi quando estrai dal cilindro del calciomercato un colpo dell’ultim’ora come Hetemaj, vuol dire che sei ufficialmente entrato nelle grazie della dea ‘Eupalla’, tanto cara al cantore Gianni Brera. Il finnico è ovunque, un mattatore instancabile della mediana. Randella, usa il corpo, combatte, lascia lo spazio e il tempo di ragionare a due professori quali Schiattarella (che ricuce e strappa) e Viola (che si adatta, e a tratti spadroneggia, da mezzala). E fa sì che uno come Coda, nuovamente poco lucido sotto porta, si ritagli quei varchi giusti per creare occasioni ghiotte. A proposito: peccato per l’esito, ma anche ‘per fortuna’ che le chance fallite capitino sempre quando la squadra è già avanti nel punteggio. 

Della difesa, una grande difesa, abbiamo già detto parecchio nell’approfondimento dedicato a Bright Gyamfi, che nel day after è per tutti il ‘novello Baresi’, vista la citazione enfatica ma comprensibile del suo allenatore. E’ vero che il ghanese si è reso autore di una gara perfetta, ma va altrettanto rimarcata la prestazione di Antei, il migliore del pacchetto arretrato. Ha seguito Simy fino al pullman che lo ha riportato a casa, lo ha idealmente salutato con anticipi e chiusure mixando il fisico alla tecnica. Sugli esterni qualche difficoltà l’ha avuta Letizia, ma solo a tratti e non per suoi demeriti. Giusto e opportuno, in certi casi, dare atto al talento e alla corsa di avversari quali Molina e Messias, pronti a costruire un binario pericolosissimo su quel versante avvalendosi degli inserimenti di Crociata

La chiusura, questa volta la dedichiamo a capitan Maggio. In assenza di Caldirola si è preso una leadership concreta ed evidente non solo nel guidare i compagni ma anche sul piano della ferocia agonistica. Dalla tribuna si è avuta l’impressione chiara che un uomo della sua esperienza, un giocatore che ha calcato varie volte il palcoscenico europeo più prestigioso, si sia reso effettivamente conto di quanto fosse alta la posta in palio. Combattivo, elegante, sontuoso. Lo davano per finito. Ammesso che lo fosse per davvero, rinascita più bella non poteva esistere. 

IL RACCONTO DELLA PARTITA

LE PAGELLE DEL BENEVENTO

LE PAGELLE DEL CROTONE

LE PAROLE DI INZAGHI

LE PAROLE DI FOGGIA

LE PAROLE DI IMPROTA

LE PAROLE DI MOLINA

GYAMFI CENTRALE: L’INTUIZIONE DI INZAGHI

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